I Comuni siciliani dove il sindaco governa da solo Tra democrazia sospesa e progetti di comunità

C’è una piccola isola dentro quell’Isola più grande che è la Sicilia, in cui la democrazia, alle ultime amministrative, è rimasta sostanzialmente sospesa. È accaduto in cinque piccoli Comuni, più un sesto che però non ha raggiunto quorum, in cui l’unica scelta concessa ai cittadini è stata quella di decidere se andare a votare o meno. Per il resto, una volta recati alle urne, gli elettori hanno trovato un unico nome che campeggiava alla voce Candidati sindaco e una sola lista a loro sostegno. Così ecco che basta raggiungere il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto per essere eletti. Cinque sindaci che oggi amministrano le loro comunità col 100 per cento in Consiglio comunale.

Lontani da beghe di partiti e scontri ideologici, a Giuliana (1.875 abitanti, Palermo), Sclafani Bagni (431 abitanti, Palermo), Gratteri (930 abitanti, Palermo), Vita (2.030 abitanti, Trapani) e Catenanuova (4.757 abitanti, Enna) i primi cittadini devono fare i conti soltanto con la loro maggioranza (assoluta) senza alcuna forma di opposizione. Una realtà abbastanza surreale nell’era in cui si litiga su tutto, dove un selfie di cattivo gusto nel corso dei funerali di Stato finisce al centro dell’agenda politica e in cui l’ex terza carica dello Stato viene insultata ancora una volta per un’iniziativa sostenuta insieme a un’attrice accusata oggi di molestie sessuali. Lontano dai veleni della politica, ecco che Francesco Scarpinato a Giuliana, Giuseppe Solazzo a Sclafani Bagni, Giuseppe Muffoletto a Gratteri, Giuseppe Riserbato a Vita e Carmelo Scravaglieri a Catenanuva, governano pressoché indisturbati.

«Ma sarebbe un errore – ammette Antonio Rubino, Partigiani dem, già responsabile organizzazione del Partito Democratico in Sicilia – ricercare nei posizionamenti ideologici la ragione di tale situazione. Si tratta, al contrario, di contesti molto piccoli – aggiunge – in cui molto spesso i nomi dei candidati sindaco vengono scelti a partire dalle conversazioni nella piazza del paese. Senza dimenticare che le amministrative nei piccoli Comuni sono fortemente influenzate dalle dinamiche familiari: non c’è nucleo – fa notare Rubino – che non abbia un suo candidato e se una comunità è unita, può anche capitare che coralmente si scelga di non far partire una guerra tra cugini in cui non vince nessuno. Il fattore della litigiosità, in questo senso, è determinante: penso a una comunità come quella di Ustica – continua – dove il grado di litigiosità è enorme e fatico a immaginare che si possano creare le condizioni per una candidatura trasversale, che metta tutti d’accordo».

Ma se Rubino immagina un quadro pacifico dentro il quale si sviluppano le candidature unitarie, è il deputato regionale Vincenzo Figuccia a puntare il dito contro alcune dinamiche, denunciando come «spesso, laddove non c’è accordo, vengono fuori delle candidature civetta, degli specchietti per le allodole che aggirano il problema del quorum e che scoraggiano però eventuali candidature dal basso, come avvenuto a Prizzi, in provincia di Palermo, dove ai ragazzi del mio movimento (Cambiamo la Sicilia, ndr) è stato impedito di presentare la lista. Nei piccoli Comuni,si sa – aggiunge Figuccia – il controllo è molto più serrato, così basta una promessa, un posto nei progetti di servizio civile o un favore per scoraggiare alcuni aspiranti candidati al consiglio comunale. E sotto un determinato numero di candidati, la lista non può essere presentata».

«Ma c’è anche un altro aspetto – evidenzia Paolo Garofalo, del Pd di Enna – che può portare a un unico candidato sindaco: il quorum viene calcolato sulla metà più uno degli aventi diritto, compresi gli italiani all’estero. Per cui, al netto dei tanti siciliani emigrati, raggiungere quei numeri significa ricevere un plebiscito di voti tra i residenti, a volte anche il 75 per cento degli elettori che effettivamente risiede in un Comune, come nel caso di Catenanuova. Così, magari, quei candidati che sanno di dover sfidare un profilo politico molto radicato nella collettività, ritirano la propria candidatura, sperando che lo sgambetto sia dato proprio dal mancato raggiungimento del quorum».

Come avvenuto ad Alessandria Della Rocca, nell’Agrigentino. Insomma, dinamiche che restano lontane dall’utopia di una comunità concorde sul proprio primo cittadino. A differenza di Giuliana, nell’hinterland Palermitano dove, invece, da un anno e mezzo si lavorava a un gruppo e a un percorso condiviso, guardando alle esigenze del territorio più che al colore politico. È così che è nata la lista Uniti per Giuliana, che da sola ha sostenuto ed eletto il sindaco Francesco Scarpinato, come raccontato dal suo vice, Pietro Quartararo: «amministrare in queste condizioni è bello perché ci sono 13 persone con spirito d’iniziativa che vogliono solo il bene del proprio territorio. C’è entusiasmo – aggiunge – si lavora in sintonia e, certo, non abbiamo un’opposizione incalzante. Ma non crediate che per questo all’interno del gruppo non ci sia molto dibattito, perché al contrario – spiega il vicesindaco – siamo tutti molto appassionati. Abbiamo già incentivato la raccolta differenziata e adottato alcuni provvedimenti contro il randagismo. Abbiamo ancora tanti progetti e non siamo che all’inizio del mandato. Speriamo di fare tanto, insieme».

Certo, per una comunità pronta a mettersi in gioco in maniera collettiva, c’è invece Vita, in provincia di Trapani, dove il cielo appare decisamente meno sereno. A intervenire è l’ex prima cittadina, Filippa Galifi, che si dice dispiaciuta per non aver trovato «un giovane pronto a prendere il testimone e candidarsi alle scorse amministrative. Il fatto che alla fine ci fosse un unico candidato sindaco – conclude l’ex sindaca – mi ha fortemente demoralizzata e non sono andata a votare proprio per questo difetto di democrazia».


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