Il Taranta Fest porta il folk siciliano a Budapest «Tarantelle e balli popolari guardano al futuro»

Il Taranta Fest va in trasferta a Budapest. «È la prima volta che portiamo il Taranta Fest all’estero», spiega a MeridioNews Davide Urso, il presidente dell’associazione culturale Il Tamburo di Aci che organizza, per il tredicesimo anno, il festival di promozione e valorizzazione del folk siciliano e del Sud Italia. Per l’occasione, dodici musicisti made in Sicily sono sbarcati nella capitale ungherese per esibirsi il 12 e il 13 luglio all’Anker’t di Budapest, prima di rientrare in patria per la serata conclusiva dell’evento, che si svolgerà il 31 luglio a Zafferana Etnea.

«Abbiamo scelto Budapest – racconta Urso, che è anche uno dei fondatori de I BeddiMusicanti di Sicilia – perché con loro abbiamo già avuto contatti in passato, grazie ad alcune iniziative che ci hanno fatto incontrare anche realtà come l’associazione ViviBudapest, formata da ungheresi appassionati di culture italiane». La possibilità di portare la cultura folk fuori dai confini nazionali «l’abbiamo avuta grazie alla vittoria del bando S’illumina della Siae per la promozione dei giovani artisti sotto i 35 anni che prevede la possibilità di organizzare tour all’estero».

A Budapest l’associazione porterà, oltre alle formazioni legate al cantautore messinese Mimì Sterrantino, alle cantautrici ennesi Francesca Incudine e Roberta Gulisano e alla folk singer palermitana Valentina Balistreri, anche la mostra di zampogne dell’associazione Area Sud, il workshop sul tamburello di Francesca Incudine e quello su marranzano e friscalettu di Giorgio Maltese, laboratori di danza popolare e un momento ricreativo per bambini.

Per il futuro, però, la speranza è quella di poter riportare il festival nel suo territorio d’origine, Milo. «È stato fatto lì per undici anni, poi per due edizioni non ci siamo riusciti», chiarisce Urso, che sottolinea come il senso di questa operazione non sia «portare il Taranta Fest fuori, ma dare l’opportunità a giovani cantautori siciliani di far conoscere la nostra musica popolare fuori dai confini dell’Isola e dello stivale, dove viene considerata, forse più che in Sicilia, elemento essenziale dell’identità culturale dei vari popoli».

Tra i cantautori chiamati a rappresentare la nostra terra Mimì Sterrantino, che suona con gli Accusati o con i Beddi e che il prossimo ottobre lancerà il suo nuovo album. «Il mio rapporto con la musica comincia già da bambino, avendo il papà che suona musica folk siciliana e la mamma svedese che mi ha fatto scoprire sonorità oltreoceano», racconta da Budapest. Era quasi inevitabile, dunque, che nelle sue vene scorresse sangue folk. «Si parte da lì e poi si cerca di creare un proprio stile, incuriosendosi e dando vita a una sorta di mix fra tante contaminazioni, dall’afroamericano al blues e al country».

Poter portare all’estero la propria musica è per il cantautore una bellissima occasione, nonostante la difficoltà di far comprendere al pubblico straniero i testi, che spiegherà prima dell’esibizione. «Il folk è la musica del popolo e si rivolge a persone da zero a 90 anni. Vedo sempre più giovani – aggiunge – che si avvicinano per rispolverare le tradizioni e renderle personali. C’è tanto da scoprire, bisogna solo essere curiosi».

«Andare in trasferta significa poter raggiungere quante più persone possibili con la mia musica – afferma Francesca Incudine – alla quale non voglio dare un’etichetta di genere perché la mia idea è quella di mettere insieme più linguaggi, che siano suoni o parole». La cantautrice, infatti, insieme ai musicisti che la accompagnano ha messo in pratica questo concetto nel suo ultimo lavoro, dove l’italiano incontra il dialetto siciliano, la zampogna va a bracciato con l’elettronica, creando una musica d’autore con uno sguardo alla world music.

«Proprio andando fuori ci siamo resi conto che la musica è un linguaggio universale – aggiunge Incudine – soprattutto quando oltrepassiamo i nostri confini linguistici e musicali e ci troviamo di fronte una grande accoglienza e curiosità, che abbattono i nostri pregiudizi rispetto al fatto di sentirci sempre di nicchia». Per la donna con i tamburi, «la musica popolare, sebbene abbia ancora a che fare con tarantelle e canti popolari, deve parlare del contemporaneo perché quello che si canta oggi non è più quello che cantavano i nostri nonni, che legavano la musica ai mestieri e ai cicli della vita. Oggi bisogna guardare al passato senza venerarlo e al futuro parlando di quello che ci tocca da vicino».

«È bello poter tramandare anche l’uso degli strumenti» aggiunge Incudine, che a Budapest terrà un workshop sul tamburo siciliano, condividendo le tecniche apprese da Massimo Laguardia e Alfio Antico e restituendo alla musica il suo ruolo originale di collante tra culture diverse. «Siamo ancora intontiti dal riconoscimento appena ottenuto e tanto sperato – afferma riferendosi alla targa Tenco per l’opera in dialetto che è stata assegnata per il suo secondo album, Tarrakè – Quando ti ritrovi nella fase finale a fianco di nomi importanti della world music ti senti speranzosa e sono felice di poter condividere questo traguardo con il mio gruppo, a cominciare dai direttori artistici Carmelo Colajanni e Manfredi Tumminello». Anche se il riconoscimento più importante, alla fine, per ogni artista resta quello del pubblico. «Da quando abbiamo saputo la notizia, siamo stati inondati da tanta stima e affetto – conclude – È questa la vittoria vera, arrivare al cuore della gente».


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