Palazzolo Acreide, calendario fra Barocco e natura «Riporto la pietra nei luoghi dove è stata ricavata»

Fusion. È questo il titolo che il fotografo Salvo Alibrio e il grafico Paolo Santanastasio hanno dato al loro calendario 2018 che celebra la fusione fra la natura e l’arte, tra il potere evocativo delle rocce calcaree iblee e i manufatti barocchi realizzati con quelle stesse pietre che adornano gli edifici nobiliari di Palazzolo Acreide. «Ci siamo lasciati ispirare dalla balconata barocca più lunga del mondo», racconta a MeridioNews il fotografo palazzolese di 29 anni, facendo riferimento alla struttura che sporge dalla facciata del palazzo Lombardo Cafici, in via Garibaldi nel centro storico di Palazzolo Acreide, che risale al XVIII secolo. 

I mensoloni raffigurano 27 ritratti antropomorfi con vivaci espressioni grottesche. «Noi ne abbiamo scelti 12 e abbiamo deciso di fonderli insieme al paesaggio ibleo, in particolare – spiega – con l’area archeologica dell’Akrai e con i resti delle rovine del castello medievale di Palazzolo con l’idea di fondo di voler ricondurre la pietra nel posto da dove è stata ricavata per tentare di dare una continuità fisica e anche temporale». La valorizzazione del territorio ibleo attraverso un percorso fotografico che crea immagini senza soluzione di continuità spaziale fra l’arte e la natura. La bellezza di entrambe fuse insieme, «esaltata da una grafica curata nei minimi dettagli ma semplice: fondo bianco senza lettere – dice Salvo – solo numeri a indicare i mesi e la forma circolare per sottolineare il riferimento all’unione non forzata ma naturale fra mascherone e paesaggio».

Nato e cresciuto a Palazzolo Acreide, città Patrimonio dell’Umanità, Alibrio ha aperto il suo studio fotografico nel centro cittadino nel 2013. «Fin da bambino, la fotografia è stata la mia passione ma dopo gli studi artistici mi sono messo a fare l’imbianchino di mestiere». La svolta nella vita del giovane palazzolese arriva dopo un importante riconoscimento, nel 2012, con la vittoria del concorso indetto da National Geographic Italia con una fotografia che immortala un momento di una tipica festa popolare religiosa siciliana. «Era l’uscita di San Bartolomeo di Giarratana, lo scatto mi ha dato la possibilità di frequentare un master in reportage all’Accademia di fotografia John Kaverdash di Milano. Una volta tornato qui, ho capito che volevo dedicarmi a tempo pieno a questa passione e, così, ho scommesso aprendo uno studio tutto mio». 

Una serie di ritratti in bianco e nero costruiti in un centro di prima accoglienza in Sicilia è attualmente esposta in una mostra allestita in Giappone. «Quel progetto sui migranti l’ho chiamato Il sale negli occhi perché è dentro gli occhi di uomini, donne e bambini bagnati dal mare che ho letto le storie che hanno lasciato nei loro Paesi di origine quando sono sopravvissuti ai barconi». Altre fotografie sono state pubblicate in una gallery da Le Figaro a corredo di un articolo sulle feste religiose popolari in Sicilia. «Mi appassionano le persone e i luoghi», commenta. Il calendario si chiude con una citazione del filosofo statunitense James Hilman. «La frase sul retro è “L’anima del luogo deve essere scoperta allo stesso modo dell’anima di una persona”. Mi è sembrata perfetta perché – conclude Alibrio – amo fare foto che raccontino storie». 


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