Trapani, rivolta di Forza Italia contro scelte di Musumeci Sul no a Guaiana peserebbero vicende giudiziarie di D’Alì

Il governo è appena nato, e dunque più che di mal di pancia si potrebbe parlare di colichette, ma, a poche ore dall’inizio della prima giunta regionale, per il presidente Nello Musumeci è già tempo di malumori. Dopo le parole di certo non pacifiche di Attaguile, per l’esclusione dei salviniani, adesso tocca al senatore di Forza Italia Antonio D’Alì sbattere la porta. Quella del partito di Trapani, provincia della quale fino a questa mattina D’Alì è stato coordinatore. La decisione di dimettersi arriva dopo l’ufficializzazione della squadra di governo da parte di Musumeci ed è legata a un preciso aspetto: l’assenza tra gli assessori del trapanese Giuseppe Guaiana.

«L’assoluta superficialità e noncuranza con cui viene considerato il partito trapanese – dichiara D’Alì – nonostante come sempre la provincia sia stata tra le prime, seconda su nove, in percentuale di consensi per Forza Italia, è a dir poco offensiva. Già in sede di formazione delle liste eravamo andati incontro a superiori esigenze di partito e di coalizione accantonando la candidatura di Giuseppe Guaiana». Rinuncia alla quale era seguita la promessa poi non mantenuta. «A riconoscimento di quel gesto di disponibilità, era stata deliberata dal partito regionale la sua inclusione nella squadra di governo della Regione».

Già candidato alle amministrative trapanesi – dove è stato il più votato, salvo poi non essere comunque eletto in seguito al commissariamento del Comune – il posto di Guaiana in giunta era stato dato come certo dal commissario regionale del partito Gianfranco Miccichè. Che oggi prova a gettare acqua sul fuoco: «Il senatore Antonino D’Alì ha ragione, il territorio di Trapani meritava un posto in giunta, così come lo avrebbero meritato tutte le altre province rimaste momentaneamente prive di un rappresentante tra i banchi del governo regionale – si legge in una nota di Miccichè -. Purtroppo i posti disponibili, tolti Armao e Sgarbi, sono tre e ciò ha imposto di compiere delle scelte. Sto lavorando affinché in breve tempo venga riconosciuto il merito di tutti coloro che, in tutte le province, hanno contribuito in maniera determinante al grande risultato di Forza Italia». Da parte sua D’Alì lancia però accuse nei confronti della gestione del partito in Sicilia. «Gli esiti delle ultime designazioni di Forza Italia al governo della Sicilia appaiono frutto di moventi amicali, di alchimie e cinismo, piuttosto che di logiche di valutazione del merito sul territorio, se non addirittura di disprezzo. Forzature inaccettabili – conclude il senatore – in un partito che il presidente Berlusconi ha sempre sollecitato alla valorizzazione del merito».

Nonostante manchi al momento una conferma ufficiale, tra i motivi che potrebbero avere portato Musumeci a lasciare fuori Guaiana, delfino di D’Alì, potrebbero esserci proprio le grane giudiziarie del senatore. E dunque l’interesse a non alimentare la questione impresentabili, anche se in questo caso si tratterebbe di un’impresentabilità per interposta persona. Sul senatore – a settembre assolto nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, per quanto riguarda i fatti successivi al ’94, e prescritto per gli anni precedenti – pende una richiesta di soggiorno obbligato per cinque anni perché considerato ancora socialmente pericoloso

A seguire la strada indicata dal potente politico sono intanto diversi coordinatori locali di Forza Italia: «Siamo indignati e ingannati dal trattamento che è stato riservato al nostro territorio dal coordinamento regionale del Partito. Per questo, abbiamo deciso di fare un passo indietro anche noi, dopo quello fatto dal coordinatore provinciale senatore Antonio d’Alì che ringraziamo per impegno e coerenza», si legge in una nota a firma del vicecoordinatore provinciale, Giuseppe Poma, e dei coordinatori comunali Maria Pia Incarbona (Trapani), Antonino Fontana (Erice), Salvatore Colomba (Valderice) e Michele Ingardia (Paceco). Parole pesanti nei confronti di Miccichè – eletto deputato all’Ars e in pole position per la presidenza – ma la cui eco potrebbe arrivare anche alle orecchie di Musumeci, già alle prese con la gestione dei delicati equilibri interni al suo governo


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