Regionali, sull’Autonomia è scontro tra centrodestra e Pd Armao: «Pensano che Sud sia affetto da minorità culturale»

L’Autonomia regionale della Sicilia è ancora terreno di scontro tra le forze politiche. E questa volta,   in una campagna elettorale che si concluderà il 5 novembre con il voto sulla scelta di chi dovrà guidare la prima regione italiana ad aver ottenuto lo statuto speciale (maggio del 1946, perfino prima della Costituzione italiana), la questione si fa più delicata. 

Mentre infatti su diversi temi le posizioni dei candidati si intrecciano e si confondono, sull’impianto della costituzione siciliana è più che chiaro un netto scontro tra il centrodestra di Nello Musumeci, che ha designato come assessore all’Economia l’autonomista (con nostalgie secessioniste) Gaetano Armao, e il centrosinistra, in particolare l’area dem di Renzi-Faraone a sostegno di Fabrizio Micari. Faraone, ignorando il risultato dei referendum in Lombardia e Veneto, che chiedono ora a gran voce una trattativa con lo Stato per ottenere maggiore autonomia, ha innescato un trend contrario. Intercettando forse un cambio di passo degli elettori siciliani rispetto al 2008, quando elessero Raffaele Lombardo con il risultato storico del 63,5 per cento a sostegno di un programma tutto autonomista. Ieri, supportato dalla ministra per la Semplificazione amministrativa Marianna Madia, a Palermo per un incontro sul precariato, Faraone ha rilanciato la proposta di un referendum per abolire l’autonomia e riportare i poteri speciali della Regione in materia di beni culturali, agricoltura, pesca, enti locali, ambiente, turismo e polizia forestale nelle mani dello Stato centrale.

Alla proposta del sottosegretario alla Salute ed emissario di Matteo Renzi in Sicilia, non si è fatta attendere la risposta di Armao che ha giudicato gravi le sue parole. «Dimostrano il reale orientamento centralista e anti-autonomista del Pd – ha sottolineato – ma soprattutto svelano le ragioni che hanno ispirato lo smantellamento dell’autonomia finanziaria della Sicilia da parte di Crocetta e Baccei». Il leader del movimento Siciliani Indignati fa riferimento agli accordi che il governo Crocetta ha stipulato con Roma nell’ultima legislatura «che hanno fatto perdere ai siciliani almeno dieci miliardi di euro, rinunciando ai contenziosi favorevoli e al più che raddoppio del contributo al risanamento della finanza pubblica». Armao accusa gli avversari di fare differenze tra Settentrione e Meridione. «Meno Stato al Nord, più Stato al Sud per il centrosinistra – attacca – perché saremmo affetti da minorità culturale. Mentre proprio loro – ha detto riferendosi al centrosinistra e al governo di Rosario Crocetta – con incapacità hanno determinato lo smantellamento dello Statuto e devastato la Regione. Hanno perduto il referendum costituzionale, perderanno anche le elezioni regionali 2017. I popoli vanno verso il federalismo e l’Europa delle Regioni».

Ma a chiudere il sipario sull’autonomia regionale, nel caso il centrosinistra dovesse vincere le elezioni, è stata la stessa ministra Madia. «Posso chiudere il mio mandato – ha detto – con la circolare che consentirà a tutti i sindaci di assumere i precari e mi limito a ciò che in questo momento posso fare. L’autonomia è un tema più grande e non di questa legislatura». Poi ha aggiunto: «Non voglio entrare nella vicenda siciliana perché la Regione ha una sua autonomia speciale definita dalla Costituzione, però penso che il percorso nazionale sia un percorso virtuoso e che bisognerebbe continuare in questa direzione». 

Sta nell’autonomia, dunque, il tema su cui si gioca in modo più netto la partita tra le forze politiche, ed è su essa che si accentua ancora di più la frattura tra centrosinistra ed Mdp: «Faraone ha sostenuto che l’autonomia non serve alla Sicilia – ha detto il candidato di Cento passi per la Sicilia, Claudio Fava -. Micari ha risposto che quella dell’esponente di governo era solo una provocazione. Non si mettono d’accordo neppure su monarchia o Repubblica e vorrebbero tornare a governare la Sicilia». Anche sul tema dei temi della politica regionale dunque si allontana la prospettiva di una convergenza tra Pd ed Mdp, indispensabile dai numeri dei sondaggi, anche solo per ipotizzare un governo alternativo a destra e Movimento 5 stelle.


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