Spiagge, Regione ignora il numero delle concessioni Anni di anarchia tra canoni vecchi e controlli carenti

L’ultimo censimento è fermo al 31 dicembre 2011. Da allora la Regione non ha contezza di cosa si muove attorno alle concessioni in materia di demanio marittimo. Nessuno, nell’attuale legislatura, si è preso la briga di verificare lo stato dell’arte delle autorizzazioni sulle coste siciliane, né sotto il profilo strettamente numerico né tantomeno sotto quello economico. L’allarme era stato lanciato dal procuratore della Corte dei Conti, Pino Zingale, nella relazione che bocciava il bilancio della Regione, anticipando l’apertura di un’inchiesta da parte della magistratura contabile. «La gestione, ancorché formalmente corretta sotto il profilo della rendicontazione – ha detto Zingale -, è ben lungi dal potersi considerare soddisfacente e lascia trasparire seri profili di illecito erariale per i quali sarà attivata la locale Procura regionale».

«È stato confermato – ha sottolineato ancora il procuratore – che dall’1 gennaio 2012, data di cessazione del rapporto convenzionale tra la Capitaneria di Porto e la Regione per la gestione del demanio marittimo e di consegna dei relativi fascicoli, la Regione non aveva provveduto a censire le concessioni presenti su tutta la fascia costiera. In conclusione l’attività di gestione si evidenzia come del tutto approssimativa, carente e priva di riferimenti oggettivi, risultando in larghissima parte ignoti alla Regione il numero delle concessioni ed i relativi titolari in essere nel 2016, con l’indicazione – ha rimarcato Zingale – di elementi assolutamente approssimativi e privi di certezza giuridica se non con riferimento alla situazione in essere al 31 dicembre 2011».

Una situazione paradossale, insomma, che potrebbe sbloccarsi con l’approvazione del cosiddetto testo collegato alla Finanziaria. È lì, infatti, che si trovano due norme che vanno proprio nella direzione di una regolamentazione del sistema. Intanto perché finalmente autorizza l’assessorato al Territorio a provvedere «con proprio decreto – si legge nella norma – alla classificazione degli stabilimenti balneari fissando i criteri e i requisiti minimi per l’attribuzione dei diversi livelli di classificazione e i relativi segni distintivi e istituendo apposito registro» e poi perché fissa a 500 euro il contributo annuale minimo da versare. In base alla classificazione, che successivamente verrà predisposta dal dipartimento dell’Ambiente guidato da Rosaria Barresi (che proprio in queste settimane sta lavorando in questa direzione), saranno stabiliti i nuovi canoni. Che in alcuni casi non vengono aggiornati da decenni.

«Le nostre denunce – sottolinea Gianfranco Zanna, presidente regionale di Legambiente – si sono articolate su questo: a partire dalle concessioni date a strutture che spesso poco o nulla hanno a che fare con la fruizione del mare. Pizzerie, ristoranti, pub, addirittura discoteche, che magari mettono due sdraio sulla spiaggia, ma che di fatto non agevolano l’accesso del mare, restando aperte fino a tarda notte e chiuse la mattina. Senza contare che si pongono in palese contrasto con chi invece ha seguito tutte le prescrizioni della normativa vigente e viene penalizzato da un arcipelago di esercizi che nessuno controlla». 

Naturalmente, dietro questi ritardi nella nuova classificazione delle attività sulla costa, come paventato da Zingale, resta l’ombra del danno erariale. Un altro tassello all’eredità di Rosario Crocetta, con cui il suo successore dovrà evidentemente tornare a fare i conti.


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