Truffa all’Ue, deputato Coltraro a processo per falso Avrebbe aiutato a rubare terreni ai piccoli agricoltori

Rinviato a giudizio per falso in atto pubblico. Il deputato regionale Giambattista Coltraro andrà dunque a processo, come ha deciso il gup del tribunale di Siracusa Michele Consiglio. Coltraro di professione fa il notaio, e proprio in questa veste avrebbe contribuito a mettere in atto una truffa da 200mila euro a danno dell’Unione europea, da parte di un’associazione a delinquere che si appropriava di migliaia di ettari di terreni tra Catania e Siracusa, all’insaputa dei legittimi proprietari. Il deputato è stato eletto nel 2012 nelle liste del Megafono, poi transitato in Articolo 4, infine in Sicilia democratica, di cui tuttora fa parte.  

In particolare Coltraro avrebbe rogato atti pubblici falsi per favorire il sodalizio criminale. In seguito all’indagine era stato interdetto per dieci mesi dall’attività professionale. Nella precedente udienza il notaio, che dovrà presentarsi davanti al giudice monocratico il 30 maggio prossimo, aveva ribadito la sua estraneità ai fatti contestati leggendo una lunga memoria nella quale sottolineava la mancanza di movente economico o elettorale. 

Il gruppo avrebbe ottenuto centinaia di migliaia di euro presentandosi come titolare di appezzamenti di terreno – tra Carlentini, Lentini ed Augusta – appartenenti in realtà ad altri soggetti del tutto estranei alla vicenda. Un meccanismo reso possibile, secondo gli inquirenti, grazie agli atti pubblici falsificati rogati da Coltraro e alla complicità di ispettori dell’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, cioè l’ente che da Roma gestisce i fondi stanziati dal Fondo Europeo Agricolo di Garanzia e dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale. Nonché dalla corruzione di militari della Guardia di finanza, in servizio in un reparto del messinese.

A capo dell’organizzazione ci sarebbe stato Antonino Carcione, 46 anni di Lentini, ritenuto uomo del clan mafioso dei Tortoriciani, e nel 2013 colpito da provvedimento di sequestro da parte della Direzione investigativa antimafia di Messina. Tra le dieci ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari, nell’ottobre del 2015, rientrano anche due dipendenti e due collaboratori dell’Agea.

Secondo le informazioni raccolte dalla procura di Siracusa, il sistema era articolato in più fasi: prima avveniva la selezione dei terreni, in maniera «quasi chirurgica – spiegano i magistrati – preferendo le terre in proprietà di persone molto anziane o in condizioni di debolezza socio economica, prive delle risorse e delle capacità per resistere alle condotte usurpative». Per allontanare i proprietari dai loro terreni si andava dall’invasione di mandrie, all’incendio, dall’avvelenamento dei frutti alle minacce verbali. Dopo aver costretto i proprietari all’allontanamento, gli indagati se ne sarebbero appropriati mediante recinzione del terreno con filo spinato o utilizzazione per i pascoli, o sfruttando lo stato di abbandono. Per poi passare «dall’appropriazione di fatto a quella giuridica». E qui sarebbe entrato in gioco proprio Coltraro. 


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