Muos, il ritorno degli attivisti dopo il dissequestro «Non bastano i processi, prepararsi a resistenza»

Ha avuto inizio a Niscemi la manifestazione nazionale indetta dal movimento No Muos, per ribadire il no all’installazione del sistema satellitare statunitense. La marcia, che seguirà il tradizionale percorso fino ad arrivare a ridosso della base militare di contrada Ulmo, è la prima dopo la decisione del Tribunale del Riesame di dissequestrare il sito, in seguito al pronunciamento del Consiglio di giustizia amministrativa che a inizio anno ha ribaltato la precedente sentenza del Tar, affermando che il Muos non solo non sarebbe pericoloso per la salute dell’uomo, ma sarebbe stato realizzato grazie ad autorizzazioni legittime

Una vicenda, questa, che ha dato il la alle proteste di chi ha messo in discussione i modi in cui sono state effettuate le misurazioni degli effetti delle parabole e la cui storia giudiziaria è destinata a proseguire. A partire dal ricorso della Corte d’Appello di Catania, che si è opposta al dissequestro, per finire con il processo penale attualmente in corso presso il Tribunale di Caltagirone, che vede al centro l’ipotesi di reati ambientali commessi nella costruzione del sistema satellitare.

Tutte queste istanze saranno sostenute dalle centinaia di persone che dalle prime ore del pomeriggio hanno raggiunto Niscemi. Diversi gli autobus organizzati da più parti della Sicilia per una manifestazione che ha visto l’adesione dei Cobas, di Usb e di numerose associazioni che hanno sposato la causa degli attivisti. «Ben sappiamo che la messa in orbita dell’ultimo satellite, che completa questo micidiale strumento di guerra, prelude l’irremovibile scelta degli Usa d’imporre con tutti i mezzi la sua messa in funzione – si legge nel comunicato con cui è stata annunciata nelle settimane scorse la manifestazione -. Non basteranno le aule giudiziarie a fermarli, anche se i nostri legali stanno dando loro filo da torcere. Dobbiamo riprendere le mobilitazioni popolari e attrezzarci ad una dura resistenza per imporre lo smantellamento».

Da parte degli attivisti il riferimento è ai successi ottenuti dal movimento NoTav. «In Valsusa grazie al movimento NoTav, non riescono a finire i lavori», hanno dichiarato. Opposizione che riguarda anche il processo di militarizzazione che vedrebbe al centro l’Isola. «Sigonella, il Muos, i droni, i depositi di armi, le basi di Birgi e Augusta, i radar di Lampedusa l’hanno trasformata in un arsenale di guerra a cielo aperto. Allo stesso modo l’apertura dei Cie, degli hotspot e del Cara di Mineo insieme alla crescente militarizzazione dei porti, delle coste e del Mediterraneo in seguito alla presenza di Frontex a Catania ed all’operazione EunavforMed, l’hanno resa il più grande lager d’Europa». 

La manifestazione di oggi ha attirato, almeno stando agli annunci della vigilia, un’attenzione maggiore del solito da parte delle forze dell’ordine. Con la questura che ha annunciato una serie di prescrizioni a cui i partecipanti dovranno attenersi, tra cui l’impossibilità di superare il primo cancello della base e avvicinarsi così alle antenne. Gli attivisti, però, già prima dell’inizio della marcia hanno sottolineato come il sentimento di protesta rimanga comunque più forte. «Si ingrossa sempre di più la presenza al presidio di Contrada Ulmo. Talmente tanti che i numerosi mezzi e personale delle forze dell’ordine sono decisamente superati dai manifestanti presenti», hanno annunciato.

E subito dopo l’inizio parte del corteo ha deviato dal percorso prestabilito, con l’obiettivo di infrangere i divieti imposti dal questore. Dopo aver effettuato un taglio delle reti il gruppo si è ricongiunto al corteo. La tensione è successivamente salita quando, intorno alle 17, i manifestanti hanno tagliato le reti una seconda volta: in questo caso la polizia ha risposto con un lancio di lacrimogeni. Precedentemente, gli attivisti avevano lanciato simbolicamente dei fuochi d’artificio in direzione delle antenne. 

La ribellione alle misure restrittive imposte dalla questura si è replicata con l’arrivo davanti al cancello numero uno. Parte del corteo, pur consapevole che quello dovesse essere il capolinea della marcia, ha deciso di proseguire prendendo la bretella che porta sulla collinetta, da cui si vedono imponenti le tre antenne.


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