Trivelle, Consiglio di Stato dà ragione a Eni ed Edison Via libera a estrazioni gas in mare tra Ragusa e Licata

Nuove perforazioni per l’estrazione di gas, ampliamento dei campi già esistenti e almeno un’altra piattaforma lungo il Canale di Sicilia. Il tanto contestato progetto offshore ibleo riceve il via libera dal Consiglio di Stato. Nell’udienza del 9 giugno, resa pubblica ieri, i giudici amministrativi hanno confermato quanto stabilito in primo grado dal Tar Lazio nel giugno 2015. «Nell’ambito di un atto di appello di circa 40 pagine – si legge nel dispositivo – i riferimenti critici alla motivazione della sentenza di primo grado sono, salvo qualche rapido passaggio incidentale, quasi del tutto assenti». Insomma: per i giudici amministrativi non esistevano le ragioni per appellarsi. 

Dunque il megaprogetto energetico a marca Eni ed Edison, riguardante l’estrazione di gas nei mari siciliani lungo il tratto di costa che va da Ragusa a Licata passando per Gela, può riprendere il suo iter. A esultare sono le due multinazionali energetiche, specie il cane a sei zampe che ha legato l’offshore ibleo alla riconversione della Raffineria di Gela, promettendo di investire 1 miliardo e 800 milioni di euro. Sembra dunque sempre più vicina la costruzione della piattaforma Prezioso K, che dovrebbe affiancare la sorella Prezioso e sarà visibile lungo la costa che va da Gela a Licata. 

La costruzione della nuova piattaforma potrebbe essere una boccata d’ossigeno soprattutto per le centinaia di metalmeccanici gelesi esclusi dalla riconversione degli impianti. Anche se le criticità rimangono: molti sono coloro che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali e molti anche coloro che nel frattempo hanno trovato altri impieghi. Per quanto riguarda i dubbi a livello ambientale, i giudici amministrativi sostanzialmente confermano quanto affermato dai colleghi del Tar Lazio. Ovvero che le attività offshore di Eni ed Edison «non sono localizzate all’interno di aree caratterizzate da habitat naturali e specie floristiche e faunistiche di interesse europeo». E in ogni caso, anche negli ambiti onshore in cui le attività estrattive si intersecano con la Rete Natura 2000 (cioè con il piano di tutela ambientale a livello europeo), il principio di precauzione non deve intendersi violato in quanto «il principio consente, ma non impone condizionatamente all’amministrazione di attivarsi in presenza di pericoli soltanto ipotizzati (e non ancora suffragati da evidenze scientifiche)». 

Inoltre «le esigenze sottese al principio di precauzione sono state nella specie soddisfatte attraverso la previsione di specifiche prescrizione di tutela». Uno smacco per i Comuni di Ragusa, Licata e Palma di Montechiaro che, insieme alle associazioni ambientaliste, si sono da sempre opposte al progetto offshore ibleo. «I giudici hanno dato ragione ad una speculazione energetica che va contro l’idea sempre più diffusa di non dover più sfruttare gli idrocarburi – commenta Pasquale Amato, sindaco di Palma di Montechiaro -. Con questo progetto si viene ad alterare il delicatissimo equilibrio del Mediterraneo». Partita chiusa, dunque? «No, in questo momento siamo confusi e stiamo valutando il da farsi – conclude Amato -. Di sicuro noi non ci arrendiamo». 


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