Trivelle, politica siciliana spaccata al referendum Tra deputati, sindaci e gli ultimi tre governatori

L’ultimo giorno di campagna elettorale, in vista del referendum di domenica 17 aprile, quando gli italiani saranno chiamati a prendere posizione sulle estrazioni petrolifere in mare entro le 12 miglia, è costellato da un arcipelago di dichiarazioni sulle intenzioni di voto nel Paese. Anche in Sicilia il clima è piuttosto diviso, tra i comitati per il sì che proseguono la sensibilizzazione fino all’ultimo minuto utile e il silenzio assordante sul fronte del no, sulla linea del premier Matteo Renzi e dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che hanno invece invitato all’astensione, con l’obiettivo di non far raggiungere il quorum e rendere, quindi, nulla la consultazione popolare.

Ma in casa Pd, come in quasi tutti i partiti, la fedeltà alle parole del leader sembra un concetto superato, così ecco, a sorpresa, il presidente della regione, Rosario Crocetta, ammettere che domenica si recherà alle urne: «Andrò a votare – ha dichiarato a Meridionews -, ma non dico per cosa voterò perché deve essere una scelta libera dei cittadini, fermo restando che ritengo legittima la decisione di chi invece non si recherà alle urne».

Anche il predecessore di Crocetta, Raffaele Lombardo, andrà a votare, ma non entra nel merito del suo parere favorevole o contrario. Diversa la posizione dell’ex governatore, Totò Cuffaro, che resta interdetto dai pubblici uffici e non potrà esprimere la propria preferenza «ma se avessi potuto – ha aggiunto – sarei certamente andato a votare, perché il voto è un dovere, oltre che un diritto. Non avrei avuto alcun dubbio sul mio voto contro le trivellazioni, soprattutto perché l’estrazione di combustibili fossili non comporta alcun vantaggio per la Sicilia. Perché, allora, dovremmo continuare a trivellare i nostri mari?».

Ma se i tre potenti che hanno governato l’Isola nel nuovo millennio sono sostanzialmente concordi sull’importanza di recarsi alle urne, non sono dello stesso avviso alcuni degli assessori che attorno al tavolo più influente della Regione, a palazzo d’Orleans, siedono quotidianamente. Unanime, infatti, l’astensionismo tra i componenti della giunta regionale che si sono espressi sul referendum: dall’assessore al Turismo Anthony Barbagallo («La mia posizione – ha dichiarato – è quella del mio partito e del mio segretario Matteo Renzi, visto che nel Pd ci sono posizioni diverse che vanno rispettate»), a quello all’Agricoltura, Antonello Cracolici («Non andrò a votare – ha dichiarato – perché penso che in materia energetica le cose non si risolvano con un sì o con un no»), fino agli assessori Baldo Gucciardi (Salute), Bruno Marziano (Istruzione) e Vania Contrafatto (Energia), tutti compatti sulla scelta di astenersi.

Più diversificate le opinioni, invece, nella presidenza dell’Assemblea regionale. Se il primo inquilino di sala d’Ercole, Giovanni Ardizzone, si è più volte schierato a favore del sì, il suo vice Antonio Venturino ha preferito guardare la campagna referendaria da lontano, pur dichiarando il suo voto favorevole. Anche il vicepresidente Giuseppe Lupo ha detto la sua, ma in questo caso si tratta di una posizione favorevole all’astensione: «Non credo – ha detto – che domenica andrò a votare».

E se le spaccature all’interno dei partiti sono grandi e, soprattutto, trasversali, unanime è invece l’opinione dei capigruppo, che puntano tutti (eccetto Giovanni Di Giacinto e Giuseppe Picciolo, che non siamo riusciti a contattare) sull’importanza di recarsi alle urne, pur restando ognuno sulle proprie posizioni di voto. È così per Alice Anselmo, capogruppo dei democratici a Palazzo dei Normanni, che domenica andrà a votare perché «lo considero un importante strumento di democrazia diretta e perché lo ritengo un importante esercizio della democrazia».

Anche Marco Falcone (Forza Italia) andrà al seggio «e voterò sì – aggiunge -. Continuare a sostenere il fossile significa restare ancorati a un passato in estinzione, il futuro sono le rinnovabili. E poi sul piano occupazionale non comporterà rischi immediati, se si considera che le scadenze delle trivellazioni sono previste in alcuni casi nel 2020, in altri addirittura nel 2034». Favorevole all’abrogazione della norma inserita nello Sblocca Italia anche Giovanni Di Mauro (Mpa), che da assessore regionale propose la delibera con la quale il governo Lombardo si oppose al rilascio di nuove concessioni di ricerca nei mari di Sicilia. Secondo Di Mauro il sì «ha un significato che va ben oltre lo specifico quesito, è lo strumento per dare un segnale chiaro alla politica nazionale sulla necessità di una svolta energetica e, soprattutto di trasformare il mare e le coste finalmente nella vera risorsa dello sviluppo sostenibile dell’Italia e della Sicilia in particolare».

Andrà a votare anche Nino D’Asero, capogruppo degli alfaniani all’Assemblea, che sta ancora «valutando se esprimersi a favore o contro». Gli fa eco Toto Cordaro, leader dei deputati di Pid-Grande Sud a sala d’Ercole, che ha invitato al voto, senza fornire un indirizzo favorevole o contrario. «Penso che alla fine voterò sì – ha ammesso – ma con sofferenza, sono combattuto tra la tutela ambientale e il rischio di perdita posti di lavoro». Anche in casa Udc, a schierarsi a favore dei sì, oltre ad Ardizzone e alla deputata Margherita La Rocca Ruvolo, il capogruppo Mimmo Turano, che ha affidato ai social le sue intenzioni di voto.

Compatti i deputati del Movimento 5 Stelle, tra i più attivi sul fronte della campagna referendaria, che domenica andranno alle urne per esprimere il loro sì. Analoga situazione in casa Musumeci, dove il leader del movimento #diventeràbellissima ha lanciato i comitati a favore del sì sotto l’hashtag #labellezzanonsitrivella.

Si recheranno alle urne anche diversi presidenti di commissioni parlamentari, da Vincenzo Vinciullo, anche lui combattuto sul voto favorevole o contrario («per avere effetti reali a tutela dell’ambiente – ammette – una scelta di questo tipo andrebbe concordata con gli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo»), a Marcello Greco, passando per Mariella Maggio, fino a Pippo Digiacomo: questi ultimi tre parlamentari si sono espressi in favore del sì, come diversi altri deputati, da Vincenzo Figuccia a Giovanni Panepinto, da Nello Dipasquale a Maria Cirone, da Mario Alloro a Concetta Raia. A votare contro andrà invece Paolo Ruggirello, mentre Saverio Romano domenica resterà a casa. 

Fuori dal Palazzo, invece, a portare avanti la battaglia referendaria sono soprattutto gli amministratori locali dell’Anci Sicilia, che proprio ieri hanno lanciato un nuovo, accorato appello, per la partecipazione al voto di domenica: «Per mandare un segnale – ha detto il presidente dell’Anci Sicilia e sindaco di Palermo, Leoluca Orlando -, per intraprendere un percorso alternativo di sviluppo piuttosto che l’attuale dissennata corsa utile solo ai petrolieri che rischia di mettere in discussione la stessa capacità di vivere in condizioni salubri e dall’altra parte perché bisogna preservare il nostro patrimonio ambientale». A favore del sì anche il sindaco di Messina, Renato Accorinti, mentre il primo cittadino di Catania, Enzo Bianco, andrà a votare, ma non entra nel merito della preferenza.


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