Sexting, venti indagati per pornografia minorile Quindicenne di Siracusa costretta a inviare foto

Aveva inviato alcune sue foto al fidanzatino del momento, poco più grande di lei. Ma poi quelle immagini sono finite sui cellulari di 20 personedieci maggiorenni e altrettanti minorenni — in giro per l’Italia. È dalla denuncia dei genitori di una ragazzina di 15 anni, originaria della provincia di Siracusa, che è partita l’operazione Sexting della procura distrettuale e della procura per i minorenni di Catania. Sexting, come la pratica — diffusissima — di inviare e ricevere messaggi a sfondo sessuale. Non solo testi, ma anche e soprattutto immagini intime. Come quelle che la quindicenne aveva inviato dal suo smartphone tramite l’applicazione di messaggistica istantanea Whatsapp. In un caso anche sotto minaccia.

Inizia tutto nel 2014, quando i genitori dell’adolescente trovano nel suo cellulare alcuni scambi di messaggi. Scatti intimi, che la ragazza era stata costretta a girare a varie persone. I parenti della vittima si rivolgono così all’associazione a tutela dell’infanzia Meter. Che consiglia loro di rivolgersi alla postale. Comincia così una lunga fase di ricerca. «La minore aveva cancellato dalla cronologia delle sue conversazioni alcuni di questi messaggi, ci è voluto un lavoro molto complesso per recuperare tutto il materiale probatorio», spiega Marcello La Bella, dirigente della polizia postale etnea, che sta seguendo le indagini. Alla fine, tutti i passaggi della diffusione del materiale pornografico minorile sono stati collegati tra loro. Tra gli indagati ci sono due minorenni di Catania, poi altri di SiracusaMilano, Cosenza, Treviso, Reggio CalabriaAvellino, Reggio Emilia e Lucca. Altrettanti gli indagati già adulti: due a Potenza, gli altri a Palermo, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa, Roma, Milano, Torino e Treviso

Una catena che parte dal capoluogo aretuseo e arriva fino alla Lombardia. E che riguarda solo uomini, tutti studenti, età massima 25 anni. Due di loro con precedenti legati alla pedopornografia. Uno degli adulti avrebbe anche minacciato la quindicenne di diffondere le foto già in suo possesso se lei non avesse più continuato a mandargliene di nuove. Per questo motivo, l’uomo è indagato anche per violenza domestica. «Durante le perquisizioni in alcune abitazioni abbiamo trovato anche altre immagini di minorenni, tra smartphone e tablet», continua La Bella. Nonostante la diffusione capillare delle immagini, però, non ci sarebbe una vera e propria rete. A far attraversare lo Stretto alle fotografie sarebbe stato il semplice passaparola.

«Non è mai stata fatta un’operazione di questo tipo così vasta», spiega Caterina Aiello, reggente della procura per i minorenni di Catania. «Azioni come queste servono a spiegare che il web non è una zona franca. E che l’attitudine deprecabile dei minori di inviare foto tramite internet non fa altro che elevare il rischio di adescamento — conclude Aiello — Anche perché, come abbiamo visto in questo caso, il materiale finisce facilmente nelle mani di persone già indagate per pedofilia». I minorenni al momento indagati dovranno essere sottoposti a un interrogatorio: «Una cosa è se hanno una immagine, una cosa è se ne hanno tante. Il seguito di questa operazione è ancora tutto da valutare». 


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Era partito tutto con alcune immagini mandate, tramite Whatsapp, al suo fidanzatino. Poi gli scatti, tramite il passaparola, sono arrivati in 16 città d'Italia, di cui cinque solo in Sicilia. I messaggi incriminati sono stati trovati dai genitori della ragazzina nel suo cellulare. Tra gli indagati, due minorenni di Catania

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