Province, l’Ars a voto segreto affossa la riforma Maggioranza in crisi. Falcone: «Pd e governo puniti»

C’era una volta la riforma delle province. Affossata oggi dal voto segreto dell’Assemblea regionale siciliana che ha approvato un emendamento, presentato dal Movimento cinque stelle, che prevede la soppressione dell’articolo 1 del disegno di legge. Saltano cioè i punti cardine dell’intera riforma: l’istituzione dei sei liberi consorzi e delle tre città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Senza il primo articolo, i restanti 46 non hanno più senso. E la riforma verrà rinviata a data da destinarsi. Il governo e la sua maggioranza vanno sotto – grazie anche a una buona dose di franchi tiratori – su una delle battaglie più importanti per Crocetta. Che adesso avrà ulteriori problemi a chiudere il bilancio della Regione, visto che i tagli ai consigli comunali contenuti nel testo di riforma erano già stati previsti per far quadrare i conti. 

E’ tra i «Tutti a casa», gridato dai banchi delle opposizioni, che il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone comunica l’esito del voto segreto: l’emendamento a firma Cinque stelle passa con 36 sì e 22 no. Un emendamento di uguale contenuto era stato presentato dai deputati del Mpa Roberto Di Mauro e Giovanni Greco. I due emendamenti, avendo lo stesso contenuto, sono stato inglobati prima del voto segreto. I franchi tiratori nella maggioranza sono stati almeno sette, visto che al momento del voto segreto risultano presenti in aula 29 deputati di maggioranza, e i voti contrari all’emendamento sono stati 22.

Del disegno di legge se ne riparlerà probabilmente a maggio. Esattamente come chiesto ieri dalle opposizioni che – anche alla luce dei 970 emendamenti presentati per cambiare la legge – avevano proposto di trattare prima le questioni economiche relative al Bilancio e alla Finanziaria. Richiesta bocciata ieri dall’aula, la stessa che oggi affossa la riforma. 

E all’interno della maggioranza la spaccatura si fa profonda. «Il voto dell’Ars lascia un segno in questa legislatura, bisogna aprire una riflessione molto seria. A questo punto serve un vertice di maggioranza alla presenza del presidente Crocetta: ci si deve guardare negli occhi, ognuno si deve assumere le proprie responsabilità», afferma nei minuti successivi il segretario regionale del Pd, Fausto Raciti. «La maggioranza Pd e l’esecutivo, che hanno tentato di fare passare una legge che null’altro è se non il frutto di un pasticcio, nonostante gli inviti dell’opposizione a dare priorità al Bilancio regionale sono stati puniti», è il commento del capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone. 

Il governatore Crocetta ha già fatto sapere di concordare con la richiesta di Raciti e ha giudicato il voto di oggi «allucinante, una scelta di grande irresponsabilità». «Di fatto – continua il presidente della Regione – si lascia nel limbo la sorte di enti e si incrementano le preoccupazioni dei dipendenti delle province che non riescono a comprendere quale sarà il loro futuro». Proprio oggi scadono i mandati dei commissari delle ex Province. Per colmare il vuoto, il governo a questo punto sarà costretto a presentare un nuovo ddl per la proroga dei commissari almeno fino al 31 maggio se non oltre. L’aula è già stata convocata per domani a mezzogiorno con all’ordine del giorno la proroga.

Nel ddl di riforma delle province era previsto anche il taglio ai gettoni di presenza per i consiglieri comunali, la cui indennità sarebbe dovuta essere ridotta fino a non superare il 30 per cento dello stipendio di un assessore. Una norma che in settori trasversali della politica siciliana era stata ritenuta troppo restrittiva, anche rispetto alle riduzioni contenute nella legge Delrio che disciplina la riforma delle province nel resto d’Italia. Saltando il ddl, viene meno anche questa riduzione, mettendo a rischio il bilancio della Regione, che domani dovrebbe approdare in giunta per il via libera definitivo. Per chiudere il bilancio, il governo contava infatti anche sui tagli ai consiglieri, adesso bisognerà rivedere i conti oppure Crocetta dovrà avere la forza di riproporre la norma in finanziaria.

Ieri le opposizioni avevano chiesto di discutere prima il Bilancio, anche alla luce della difficile situazione finanziaria delle ex Province. Fattore su cui tornano oggi gli esponenti del Nuovo centro destra: «Cosa intende fare la Regione per il deficit strutturale del quale soffrono le nove province, che tocca i 140 milioni di euro, cui si aggiungeranno i circa 120 milioni annui dovuti al patto di stabilità per il quale i consorzi dovranno partecipare al risanamento delle casse dello Stato? Non si è, inoltre, tenuto conto del personale, già messo in salvo nelle rimanenti 19 regioni: in Sicilia, non potrà essere assorbito dalla neanche dai Comuni, i quali hanno già 14 mila precari».

Ma il governatore Crocetta rispedisce le accuse nel campo delle opposizioni. «La Regione – attacca il governatore – non può essere l’ultima trincea della conservazione, le Province sono state abolite in tutta Italia e lo Statuto speciale deve servire ad accelerare le riforme, non a rallentarle. Spero che per qualcuno, anche questa volta, non sia occasione per attribuire al governo della Regione responsabilità che non ha, rispetto al voto parlamentare. E spero che qualche accanito critico, prenda atto dello iato profondo che c’è tra la richiesta che viene dalla società rappresentata dalla proposta fatta dal governo e una parte del Parlamento che non vuole cambiare nulla. E’ una pagina brutta della storia di un Parlamento che negli ultimi due anni ha mostrato coraggio nel cambiamento e che, in questo caso, vuole mantenere enti intrisi di sprechi».


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