Muos, cosa succederà dopo il sequestro? Movimento ha vinto una battaglia lottando su più fronti

Niscemi si prepara alla grande festa di domani. Alle 14 al presidio di contrada Ulmo sono attese migliaia di persone. Per la prima volta verrà attivato anche un bus navetta che permetterà di raggiungere la manifestazione. Si ritroveranno ancora una volta per dire no al Muos, ribadire la sua abusività, sancita dalla sentenza del Tar di Palermo, vigilare sul sequestro eseguito l’1 aprile su ordine della Procura di Caltagirone. Finita la festa, lo sguardo del movimento si sposterà oltre. Cosa succederà adesso? E’ quanto si chiedono in tanti. 

Molti attivisti temono che i sigilli all’impianto militare di telecomunicazioni Usa rappresentino un deja vu. Un già visto, esattamente il 6 ottobre del 2012, quando, sempre la procura di Caltagirone, allora guidata da Paolo Giordano, sequestrò il Muos. La notizià arrivò nello stesso giorno in cui a Niscemi si svolgeva una grande e partecipata manifestazione. Il 29 ottobre, qualche settimana dopo, arrivò il dissequestro. Quei fatti furono letti come il tentativo di depotenziare la protesta, tacitare il movimento e calmare gli animi. Oggi il timore – che trova sfogo sulle pagine social dei comitati No Muos – è lo stesso, complice la tempistica simile a tre anni fa. 

Eppure una lettura più attenta delle ultime vicende, potrebbe contribuire a smentire questa tesi. A pensarla così è anche Goffredo D’Antona, legale dell’associazione Rita Atria, che ha presentato diversi esposti alla procura di Caltagirone, chiedendo e ottenendo il sequestro delle parabole. «Molti – commenta l’avvocato – vedono analogie con il sequestro passato. Ognuno è libero di fare tutte le valutazioni. Ricordo però che quel sequestro non fu revocato dalla procura di Calatgirone ma dal tribunale di Catania. Quindi da un altro soggetto. Per questo mi sembra onestamente infondato il pensiero che questo sequestro sia stato emesso per tacitare gli attivisti alla vigilia del corteo del 4 aprile». 

Il lavoro della magistratura prosegue indipendentemente dagli appuntamenti e dalla vita del Movimento. «E non bisogna dimenticare – continua D’Antona – che allo stato tutti i provvedimenti contro i No Muos, sono stati sempre annullati dalla magistratura. Misure cautelari, fogli di via, fermo restando il sequestro e la sentenza del Tar».

Il 15 aprile la questione Muos tornerà in un’aula giudiziaria. In quella data si riunirà il Consiglio di giustizia amministrativa, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di sospensiva della sentenza del Tar di Palermo, chiesta dal ministero della Difesa. Quest’ultimo ha chiesto, in sostanza, di bloccare gli effetti della decisione dei giudici di Palermo. Cioè di non procedere alla demolizione dell’impianto, che sarebbe la conseguenza al fatto che è stato dichiarato abusivo per la mancanza delle necessarie autorizzazioni. In cambio il ministero si impegna a non continuare i lavori nel cantiere e a non utilizzare le parabole. E’ su questo che il Cga è chiamato a esprimersi. «Qualunque decisione prenderà – precisa Nello Papandrea, legale dei comitati No Muos – non avrà effetti sul sequestro. Quest’ultimo segue le vie penali, potrà essere quindi solo il Tribunale del riesame di Catania ad esprimersi nel caso in cui venisse appellato il sequestro». 

Resta poi l’opposizione del ministero della Difesa nel merito della sentenza del Tar. E su quella i tempi diventano molto più lunghi. «Mediamente – continua Papandrea – il Cga impiega un anno per emettere una sentenza nel merito. Ma in questo caso è difficile fare previsioni». 

La via giudiziaria, dunque, si prospetta ancora lunga, ma ha già prodotto i suoi effetti. Tuttavia resta solo una parte della battaglia che da anni porta avanti il movimento No Muos che, con la sua azione su più fronti, è riuscito a tenere alta l’attenzione, a costruire socialità dal basso e a raggiungere risultati concreti. Cosa che, per esempio, è forse mancata al movimento No Tav. «Le vicende giudiziarie – conclude l’avvocato D’Antona – non sarebbero mai esistite se non ci fosse stato il movimento. Noi avvocati rappresentiamo i comitati, ma lavoriamo solo perché dietro abbiamo migliaia di persone, che incontriamo ai cortei come quello di domani».


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