I veleni dell’inchiesta Roma Capitale sul Cara di Mineo Ardizzone: «Sbagliato delegittimare l’Antimafia regionale»

Al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, non sono andate giù le parole pronunciate dal Sindaco di Mineo, Anna Aloisi. Il paese del Catanese, in questi giorni, è al centro dell’attenzione nazionale. A Mineo, com’è noto, ha sede il Cara, il centro per immigrati coinvolto nell’inchiesta giudiziaria Roma Capitale.  

La Aloisi, nei giorni scorsi, ha affermato di ritenere opportuno inviare gli atti del Cara di Mineo alla Commissione nazionale Antimafia, anziché a quella regionale, vista «la prossimità tra il presidente Musumeci e il mio concorrente alle ultime elezioni».

«Il presidente della Commissione regionale Antimafia, Nello Musumeci – sottolinea Ardizzone – ha un profilo istituzionale inconfutabile. Piuttosto che pensare a delegittimarne il ruolo, il Sindaco di Mineo collabori e si presenti in Commissione, che è anche la sede opportuna per chiarire i motivi per i quali ha disertato la precedente convocazione dello scorso febbraio. Tra l’altro, la decisione di ascoltarlo è stata presa all’unanimità dalla Commissione regionale Antimafia».

Sul Cara di Mineo e sui legami tra questo centro e l’arresto di Luca Odevaine, nell’ambito dell’inchiesta Roma Capitale, intervengono Mimmo Cosentino, segretario regionale di Rifondazione Comunista, Pierpaolo Montalto, segretario della federazione di Catania dello stesso partito e Valerio Marletta, Sindaco di Palagonia. «Questa vicenda – dicono i dirigenti di Rifondazione – ha messo sotto i riflettori il Cara di Mineo, i suoi intrecci, le clientele, gli sprechi, le relazioni pericolose del sottosegretario Giuseppe Castiglione (Ncd), le complicità politiche dei sindaci Pd del Calatino, la conferma della caratterizzazione affaristica assunta dalle società facenti capo a Comunione e Liberazione e alla Lega delle cooperative». 

«Occorre tuttavia andare oltre il dato penale della gestione degli appalti e dell’accaparramento delle risorse (ben 50 milioni di euro nel 2013) – da parte dei mercanti di vita e di morte – continuano i tre esponenti politici – ed esigere una modifica radicale delle politiche di accoglienza dei migranti con la chiusura dei centri di segregazione come il Cara di Mineo, mega struttura che ospita migliaia di richiedenti asilo. Ce lo impongono le proteste ripetute dei migranti, i tanti gesti di autolesionismo, i suicidi tentati, fino a quello compiuto irreparabilmente da un giovane eritreo. Questi centri sono il segno del fallimento di questo modello, e che invece si è rivelato centro di sospensione del diritto, luogo di non vita, che mette a rischio la salute mentale delle persone, soprattutto le più vulnerabili, vittime di violenze e torture».

«Il Cara di Mineo è una struttura malata – concludono i tre esponenti di Rifondazione Comunista – che ha messo in moto una economia malata, basata sulle clientele e lo spreco delle risorse pubbliche, ivi comprese le tante consulenze a Ovedaine e ai giovani rampanti renziani, per progetti che nulla hanno a che fare con i bisogni dei migranti. Una operazione speculativa e razzista, usata anche per convogliare il consenso dei tanti disoccupati del Calatino, sulla pelle di persone migranti e dei loro diritti. Una operazione che ha scambiato, con una pervicacia razzista che ha accomunato centrodestra e centrosinistra, un modello di economia assistita con la segregazione di richiedenti asilo semidetenuti in una struttura distante 10 km dal paese più vicino. Chiediamo che il sottosegretario Castiglione si dimetta, che i i Sindaci avviino lo scioglimento del Consorzio di Gestione, che si azzerino le consulenze e si faccia piena luce sugli appalti».


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