Cantiere bloccato dopo la denuncia delle tangenti L’appalto finisce all’Antimafia e sul tavolo dell’Anac

Quando mercoledì, a San Marco d’Alunzio il cantiere a valle di via Cappuccini tornerà ad animarsi, non sarà per la ripresa dei lavori necessari a mettere in sicurezza il costone e, di conseguenza, l’abitato, ma per capire quali sono state le conseguenze di uno stop lungo oltre sei mesi. Sono infatti trascorsi quasi duecento giorni dall’arresto di Basilio Ceraolo, il direttore dei lavori finito ai domiciliari per avere chiesto all’impresa esecutrice di utilizzare tiranti d’acciaio più corti di quelli previsti con la promessa di spartire le somme ricavate dalla normale contabilizzazione delle opere. Il piano di Ceraolo è saltato perché l’amministratore della ditta ha denunciato tutto alla guardia di finanza. Da allora, però, gli operai della Consolidamenti speciali non hanno più potuto proseguire i lavori e questo nonostante il cantiere non sia mai stato sequestrato

A indire il sopralluogo di mercoledì sono stati il rup e il nuovo direttore dei lavori Michele Barbera. «Servirà a fare il punto su alcune criticità che sono state riscontrate in un primo sopralluogo», dichiara Barbera a MeridioNews. A fine dicembre era stata la stessa impresa a segnalare alla stazione appaltante – il Commissario per il contrasto del rischio idrogeologico – scivolamenti di materiale che avrebbero potuto causare ulteriori dissesti. Da parte del responsabile unico del procedimento, tuttavia, era arrivato – a marzo – soltanto un invito generico a mettere in sicurezza il cantiere al fine di evitare pericoli per persone e cose, ma ribadendo comunque l’impossibilità di riprendere le attività fino alla nomina del nuovo direttore dei lavori. Richieste e condizioni che, data la tipologia di intervento al centro dell’appalto, hanno di fatto dato via a un cortocircuito e al conseguente immobilismo. A essere stati congelati, sin qui, sono stati anche i pagamenti per i lavori eseguiti: quasi 400mila euro. 

Mentre l’indagine a carico di Ceraolo prosegue, con l’ingegnere tornato in libertà per decorrenza dei termini, a volerci vedere chiaro nella vicenda di recente è stata anche la commissione regionale Antimafia. L’organismo guidato da Claudio Fava, il 27 aprile, ha convocato Fabio D’Agata, l’amministratore di Consolidamenti speciali. Il timore è quello di potersi trovare davanti a una nuova storia in cui la denuncia di un illecito rischia di ritorcersi contro il denunciante. Il caso, inoltre, è finito anche sul tavolo dell’Autorità nazionale anticorruzione a cui è stato chiesto di intervenire per far sì che il caso San Marco d’Alunzio non finisca di rappresentare una parabola alla rovescia. «Purtroppo si è creato un precedente simile a quello che succede con le imprese confiscate alla mafia, ovvero che dove entra lo Stato a seguito di una denuncia, poi si blocca tutto – dichiara D’Agata a MeridioNews – Questa è la più grossa sconfitta per la politica della legalità e un grave messaggio per gli imprenditori indecisi a denunciare».

All’indomani dell’audizione in Antimafia, Maurizio Croce – fino a poche settimane fa commissario per il rischio idrogeologico in Sicilia e al momento candidato sindaco a Messina – ha inviato una nota, poi replicata pochi giorni dopo, chiedendo alle parti di adottare tutti gli atti necessari per fare ripartire il cantiere. A nominare Ceraolo direttore dei lavori era stato, a marzo del 2019, lo stesso Croce, con un decreto in cui si definiva «la volontà di utilizzare i prestatori di servizi di ingegneria e architettura come già individuati a seguito delle procedure di affidamento espletate dalla stessa amministrazione comunale». Nella relazione tecnica dell’appalto di San Marco d’Alunzio si legge che, nel 1989, Ceraolo aveva ricevuto dall’allora giunta municipale l’incarico di progettazione e direzione dei lavori di un primo progetto, poi realizzato per uno stralcio e successivamente aggiornato, per il consolidamento di via Cappuccini. L’incarico del 2019, interrotosi con l’arresto, prevedeva un compenso di 384mila euro a carico del Comune.

Tra i partecipanti all’incontro di mercoledì dovrebbe esserci sulla carta anche il collaudatore in corso d’opera Alberto Vecchio. Architetto in servizio alla Protezione civile, Vecchio però non presenzierà. Il dipendente regionale ha infatti annunciato le proprie dimissioni. Una scelta che ha lasciato perplesso più di uno, ma che il diretto interessato motiva così a MeridioNews: «Ho troppi incarichi ed è difficile poterli portare tutti avanti, la mia decisione deriva semplicemente da questo». Una mancanza di tempo che avrebbe impedito a Vecchio di monitorare le attività in cantiere sin dal principio, comprese le fasi che avrebbero visto protagonista Ceraolo. «Non ci sono mai andato, non ne ho proprio mai avuta la possibilità per via degli impegni professionali», ammette l’architetto. Vecchio esclude infine un proprio coinvolgimento nell’indagine. «Perché mai? Sta nella libertà del collaudatore gestire l’attività di verifica, lo si può fare – conclude – anche a opere completate». 


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