Concorso Centri Impiego e il caso della valutazione dei titoli «Grande ingiustizia, così è una selezione a numero chiuso»

Un finale già scritto ma che ha comunque innescato la polemica. Oggetto del contendere il concorsone regionale per il potenziamento dei centri per l’impiego. Selezione per poco più di mille posti suddivisi in sei profili e due categorie. Nello specifico il mini-caso riguarda la pubblicazione della graduatoria dei candidati che potranno prendere parte allo scritto per il profilo della categoria D per la mansione di analista del mercato del lavoro. Gli ammessi, come scritto nell’elenco pubblicato dal Formez, sono in tutto 411 persone a fronte di 37 posti disponibili. Un numero decisamente basso rispetto alle migliaia che aspiravano a prendere parte alla selezione. Decisiva, come previsto nel bando in partenza, è stata la valutazione preliminare dei titoli di studio che imponeva un punteggio massimo di quattro punti, cioè quello raggiunto da tutti coloro i quali fanno parte della graduatoria pubblicata online (Scarica il documento). 

Il bando prevedeva un punteggio da 0,20 a 2,50 in base al voto di laurea con il massimo previsto per chi ha conseguito il 110 e lode. Il resto del punteggio è composto da tutti gli altri titoli: dai 0,50 per i master universitari a 1,50 punti per i dottorati di ricerca e le specializzazioni. Un sistema che, secondo tanti tra gli esclusi, ha trasformato la selezione in un concorso a numero chiuso. Scenario che, proprio attraverso le pagine di MeridioNews, aveva già denunciato la NIdiL Cgil, categoria sindacale che rappresenta e tutela i lavoratori atipici.

«Si tratta di una grande ingiustizia – spiega al nostro giornale il segretario generale Andrea Gattuso – perché non viene data a tutti la possibilità di svolgere il test». Per i due profili della categoria C, invece, non era prevista nessuna valutazione preventiva dei titoli di studio. «Questa scelta – continua Gattuso – taglia fuori non solo centinaia di laureati ma anche diverse categorie tra cui quella dei Navigator. Lavoratori, quest’ultimi, con dei profili alti, lauree, e che hanno alle spalle tre anni di esperienza all’interno degli stessi Centri per l’impiego. Non potersi misurare con il test per loro è un controsenso».


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