A Caltanissetta il primo fast food a un euro contro la povertà «Iniziativa da replicare perché il divario sociale è in aumento»

Il divario sociale è sempre più elevato e i cittadini in condizioni di disagio economico e difficoltà di sostentamento e approvvigionamento di cibo, aumentano. Sull’onda di questa nuova emergenza e di allarme, da Caltanissetta è partita l’iniziativa di innovazione sociale che si prefigge l’obiettivo di ridurre lo spreco alimentare per provare a eliminare il divario sociale ed economico. Si chiama Open Food, il primo fast food a un euro contro la povertà

Un fast food “inclusivo”, quello realizzato dal progetto di ristorazione sociale Equo Food in via Michele Amari a Caltanissetta, dove chiunque può acquistare da portare via una porzione di cibo al costo simbolico di un euro. Con la possibilità di effettuare donazioni direttamente sul posto oppure attraverso una cartolina del dono. Una card su cui è impresso un qr code che permetterà di effettuare un bonifico bancario. Il fast food è in grado di offrire 150 pasti completi al giorno con primo e secondo piatto. «Contorni di qualità elevata che viene rigorosamente garantita da quanti sostengono il progetto», si legge nella nota divulgata dai promotori. Tra questi ci son la Regione Sicilia, Croce rossa italiana di Caltanissetta, Cooperativa Sociale Etnos, Un Posto Tranquillo srl, Ipab-Istituto Testasecca, Coldiretti di Caltanissetta, con il supporto attivo del Comune. 

L’iniziativa è nata dalla partecipazione al bando promosso dalla Regione Sicilia nel tentativo di razionalizzare gli sprechi alimentari anche nel settore dell’accoglienza e assistenza. «In genere chi riceve un pacco utile al sostentamento, non riesce nemmeno a finirlo tutto – continua la nota – con la conseguenza che il cibo in più viene buttato nella pattumiera». Di fronte alle stringenti necessità alimentari che si stanno diffondendo sul territorio, anche nazionale, «c’è la necessità concreta di allargare il servizio, replicarlo su larga scala per renderlo sempre più disponibile – conclude la nota -. Un modo per riuscirci è attualmente in fase di studio».


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