Dopo essere andato in Burundi a fare volontariato, le polemiche sulla negata ospitalità dell’Ars a un convegno nel quale sarebbe intervenuto sembravano archiviate. Eppure a distanza di una settimana, non si placa la querelle attorno al nome di Totò Cuffaro, l’ex presidente della Regione condannato per favoreggiamento alla mafia. A riaprire il dibattito, questa volta, un commento pubblicato su Repubblica Palermo a firma dell’ex coordinatore palermitano dell’Italia dei Valori, Pippo Russo, che torna sulla vicenda per invitare Cuffaro a chiedere scusa ai siciliani. «L’espiazione – si legge sulle pagine del quotidiano – è sufficiente per uscire dal carcere, non può essere sufficiente a risarcire l’immenso danno provocato alla comunità. Sono state ferite mortalmente le istituzioni, è stata umiliata la fiducia dei cittadini onesti, è stato platealmente tradito il bisogno di generazioni di un affrancamento della Sicilia da violenza criminale e colpevole sottosviluppo. Quel che conterebbe – continua Russo – sarebbe una pubblica, chiara, netta e inequivocabile assunzione di responsabilità. Cuffaro, finora, non ha mai chiesto scusa alla Sicilia e ai siciliani. Chieda scusa».
Secca la replica dell’ex governatore, che dall’Africa sente l’esigenza di rispondere a Russo, sottolineando come lo abbia sempre considerato una «persona semplice ed equilibrata che ho sempre stimato». «Esorto anche lui – aggiunge Cuffaro -, come ho già fatto con tutti i miei amici e sto facendo con quanta più gente possibile, ad adottare a distanza uno dei tanti bambini dell’orfanotrofio di Mubanza, al confine fra il Burundi e il Ruanda, dove attualmente mi trovo».
A intervenire sulla vicenda anche Claudio Fava, che posta sui social una riflessione su quello che è inevitabilmente diventato un caso: «Da Totò Cuffaro mi ha sempre diviso tutto (la politica, lo stile, la vita) – scrive Fava – ma mi sembra una cosa da farisei questo divieto di accoglierlo a un convegno sul tema delle carceri che si doveva tenere alla Regione siciliana».
«Cuffaro di detenzione se ne intende – sottolinea ancora il deputato – perché ha scontato tutta la sua condanna, senza profferire lamenti. E in una discussione sull’universo carcerario la sua è una testimonianza legittima e perfino utile. Di cosa hanno paura i suoi ex amici della Regione che gli hanno negato la sala? Di sentire la differenza tra loro (in buona parte indagati, rinviati a giudizio, sotto processo…) e un ex politico che la galera se l’è fatta tutta? Avrebbero voluto per Cuffaro, oltre il carcere, anche l’ignominia perpetua? O magari – continua – volevano evitare di contaminare la purezza dell’assemblea parlamentare più inquisita e impunita d’Europa con la presenza di un politico che il suo debito lo ha pagato?».
Tra gli interrogativi lanciati, Fava conclude con una certezza: «Qualunque cosa si siano sussurrati tra loro, decidendo di negare la sala al convegno e a Cuffaro, sono state (ne siamo certi) parole miserabili».
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