MENTRE SULLA MANOVRA DI VARIAZIONI DI BILANCIO IL GOVERNO STA PROVANDO IN MODO SURRETTIZIO A COSTRUIRE UN FRONTE CONTRO LA CORTE DEI CONTI E L’UFFICIO DEL COMMISSARIO DELLO STATO. OBIETTIVO: MANGIARSI IL FONDO RISCHI… MA, A QUANTO PARE, LE PARTI SOCIALI NON CI STANNO A FARSI USARE
Nella politica siciliana, dove la confusione regna sovrana, ci sono sono due certezze: il totale non senso della legge su Province, aree-città metropolitane e liberi Consorzi di Comuni in queste ore in discussione all’Ars e l’assenza ‘strutturale’ del disegno di legge sulle variazioni di Bilancio. Si tratta, a ben vedere, due due certezze che certificano il vuoto-niente di un Governo regionale allo sbando.
Per capire che cos’è il disegno di legge di ‘riforma’ delle Province, che dovrebbe istituire arre-città metropolitane e ‘liberi’ (o quasi) Consorzi di Comuni non troviamo niente di meglio che una celebre canzone di Vasco Rossi:
“Voglio trovare un senso a questa sera
Anche se questa sera un senso non ce l’ha
Voglio trovare un senso a questa vita
Anche se questa vita un senso non ce l’ha
Voglio trovare un senso a questa storia
Anche se questa storia un senso non ce l’ha…”.
Ecco: questa è la sintesi, a nostro modesto modo di vedere quasi perfetta, di questo che succede in queste ore a Sala d’Ercole: la “sera senza senso” della canzone potrebbe essere quello che è avvenuto ieri sera all’Ars; la “vita senza senso” potrebbe essere rappresentato da un disegno di legge che, ormai, ha perso qualunque significato; la “storia senza senso” è, senza ombra di dubbio, la storia del Governo di Rosario Crocetta che, sotto il profilo filosofico, esemplifica e sintetizza il nulla politico.
Il risultato è una legge che non ha né capo, né coda: una legge senza senso che non ha più una logica. Qual è, infatti, il fine di questa legge? Riformare le Province? Non sembra. Applicare l’articolo 15 dello Statuto? No. Istituire le tre aree-città metropolitane? E per fare che? E cosa hanno di ‘metropolitano Messina e Catania?
Di questa legge, ormai, si è perso il fine ultimo. E’ solo confusione al cubo. Caos, contraddizioni, passaggi incostituzionali, elisioni logiche.
E’ inutile che vi raccontiamo per filo e per segno quello che è successo ieri sera a Sala d’Ercole. Dove non maggioranza e opposizione (perché, com’è noto, a Sala d’Ercole il Governo Crocetta non ha una maggioranza), ma il Governo da una parte e l’Aula dall’altra parte trovano accordi che, di volta in volta, lo stesso Governo si rimangia.
Per quello che abbiamo capito – poco, in verità, perché ormai seguiamo distrattamente un dibattito inutile su una legge-bordello che non potrà non essere massacrata dall’Ufficio del Commissario dello Stato – ci dovrebbe essere un accordo per approvare un testo che affronta i principi generali, rinviando a una seconda legge i passaggi più delicati.
Questo, almeno, è quello che avevamo capito. Solo che ieri sera, forse contando i deputati presenti in Aula, il parlamentare del PD, Antonello Cracolici, ha provato il ‘colpo gobbo’: far approvare dall’Aula un passaggio della legge che dovrebbe essere approvato nella legge successiva.
Correttamente, il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha bloccato questo tentativo un po’ maldestro di Cracolici. Il quale si è messo a sbraitare, perché secondo lui, che a quanto pare aveva calcolato bene il numero dei deputati presenti in Aula, l’emendamento ‘truffaldo’ sarebbe stato approvato.
La verità è che anche il presidente Ardizzone ha le proprie responsabilità. Perché quando un emendamento si riscrive, il disegno di legge deve tornare nella Commissione legislativa di merito per essere discusso e approvato. Ripassando dalla Commissione Bilancio e Finanze là dove dovessero intervenire variazioni nella copertura finanziaria.
Invece la presidenza dell’Ars si ostina ad avallare cambiamenti del disegno di legge, anche sostanziali, in conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari. Così facendo, però, avalla un metodo non ortodosso che si presta a continui colpi di mano in Aula: come quello tentato ieri sera dal solito Cracolici.
Quello che vi possiamo dire è che ieri sera si discuteva di elezione dei Sindaci metropolitani, con una confusione immane tra elezione di primo grado ed elezione di secondo grado. Argomento sul quale solo l’Ufficio del Commissario dello Stato, Costituzione alla mano, farà chiarezza.
Sempre per la cronaca, ieri sera l’Aula è stata interrotta. Riprenderà stamattina alle 11,00.
Ma il vero ‘bordello’ politico non è quello che avviene a Sala d’Ercole in queste ore, ma quello che il Governo non sta facendo sul fronte finanziario. Ieri l’assessore all’Economia, Luca Bianchi – un personaggio che ha già prodotto danni enormi alla Sicilia – ha convocato una surreale riunione con le parti sociali. Argomento: l’Araba Fenice dello stesso assessore Bianchi, ovvero la legge di variazioni di Bilancio che dovrebbe rinascere dalle ceneri della Finanziaria fatta a ‘capuliato’ dall’Ufficio del Commissario dello Stato.
“Che ci sia l’assessor lo dice, dove sia nessun lo sa”: da Vasco Rossi siamo passati a una ‘riscrittura’ non di un disegno di legge, ma di un celebre verso di Metastasio. Bianchi dà per assodato che l’Araba Fenice ci sia: ci sarebbero – lascia intendere – 300 milioni di euro, forse addirittura 350 milioni. Ma da dove intende prenderli non si capisce. O meglio, lui non lo dice, ma tutti l’hanno capito: dal fondo rischi, ovvero dalle riserve finanziarie, pari a circa 600 milioni di euro, che dovrebbero servire a fronteggiare le probabili mancate entrate pari a circa 3 miliardi di euro.
Sono soldi che, secondo la Corte dei Conti, non dovrebbero essere toccati. Ma che il Governo Crocetta conta di prendere, nonostante l’Ufficio del Commissario dello Stato abbia già impugnato la Finanziaria 2014 proprio per questo motivo.
La riunione surreale di ieri sera promossa dal Governo con le parti sociali è servita, nella testa di Crocetta e Bianchi, a rendere le parti sociali ‘complici’ di questo disegno. In pratica, il Governo regionale sta cercando di costruire un fronte contro l’Ufficio del Commissario dello Stato e contro la Corte dei Conti per mettere queste due Istituzioni con le spalle al muro: se Cgil, Cisl, Uil, altre organizzazioni sindacali e organizzazioni imprenditoriali pressano per arraffare 350 milioni di euro dal fondo rischi, Corte dei Conti e Ufficio del Commissario dello Stato verranno ‘sconfitti’ dall’onda sociale di pressione e di protesta.
Non è un modo molto elegante di fare politica. Più che altro, sembra un metodo magari molto in voga tra le ‘bande’ di Gela, ma che rischia di non funzionare se utilizzato per piegare la volontà della Corte dei Conti e dell’Ufficio del Commissario dello Stato.
Tra l’altro, le parti sociali, dubbiose sul ‘metodo’, manifestano anche perplessità su merito: perché il dubbio è che questi 300-350 milioni di euro – ammesso e non concesso che Corte dei Conti e Ufficio del Commissario dello Stato vengano ‘piegati’ dalla ‘volontà generale’ di Governo e parti sociali – vengano impiegati per spesa corrente: cosa che potrebbe, alla fine, convincere i sindacati, ma che non dovrebbe convincere gli imprenditori.
Insomma, un altro grande ‘bordello’…
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