Aggressione al proprietario di discoteca Condannati due ex buttafuori bagheresi

Colpevoli Gaspare Ribaudo ed Emanuel Rughoo Tejo. Il giudice Bruno Fasciana li condanna rispettivamente alla pena di due anni e tre mesi il primo e di due anni per il secondo e al pagamento delle spese processuali, per il reato di violenza privata. I due uomini erano in galera dal 31 ottobre 2014 con l’accusa ulteriore di tentata estorsione ai danni dei proprietari di un noto locale palermitano, capo per il quale vengono assolti. Immediata la scarcerazione. A rappresentare le vittime l’avvocato Andrea Dell’Aira, legale anche per l’associazione antiracket Libero Futuro costituitasi parte civile. La richiesta discussa oggi in aula davanti al giudice Fasciana e avanzata da Dell’Aira è quella di aggiungere al capo d’imputazione l’aggravante del metodo mafioso. «È fuori da ogni dubbio che i metodi impiegati siano quelli tipici dell’organizzazione criminale mafiosa» sottolinea il legale. Non sono d’accordo invece i pm che hanno condotto le indagini, Francesca Mazzocco e Sergio Demontis, che si dissociano e che avevano chiesto pene fino a tre anni e sei mesi. A prendere le parti dei due imputati sono gli avvocati Raffaele Bonsignore Vincenzo Giambruno per Ribaudo, Salvo Priola per Rughoo.

«L’unico sbaglio del mio cliente è stato quello di aver dato uno schiaffo alla persona sbagliata, a un poliziotto» dice l’avvocato Bonsignore riferendosi a Gaspare Ribaudo, che ha ammesso durante gli interrogatori di aver effettivamente compiuto questo gesto nei confronti del figlio del proprietario del locale, la sera del 7 luglio 2013. Secondo l’accusa i due imputati sarebbero arrivati alle mani per imporsi come buttafuori nel locale. «Ribaudo e Rughoo sapevano benissimo che questo locale non si era mai avvalso del servizio di sicurezza, quindi perché – domanda retorico l’avvocato – avrebbero dovuto farsi avanti per conto dell’associazione per cui lavoravano?». Oggetto di discussione è soprattutto la questione dell’aggravante mafiosa da aggiungere al capo d’imputazione iniziale. «Non esiste nessuna aggravante – dice Bonsignore – Non sono state utilizzate armi e non si fa mai riferimento all’appartenenza a un’associazione segreta criminosa. Non c’è nessuna forza intimidatoria, nessun riferimento a Cosa nostra. Questa richiesta è ridicola, non doveva nemmeno essere posta» dice duramente, passando subito a un altro punto spinoso della faccenda. Quello delle testimonianze di alcuni avventori presenti la sera del 7 luglio 2013 nel locale e che hanno assistito ad alcune scene nelle sue immediate vicinanze.

«Non ci sono prove di violenze private o di aggressioni fisiche e psicologiche. Nessuno degli avventori quella sera si è sentito minacciato al punto da decidere di denunciare gli imputati» continua Bonsignore. «È significativo anche il fatto che tre testimoni smentiscano la versione data dal proprietario senior rispetto a un episodio in cui sarebbe stato egli stesso a puntare una pistola contro Ribaudo». Fa discutere parecchio i difensori anche il comportamento, a loro dire ambiguo, di questi proprietari appartenenti all’ambiente della polizia che subiscono tre diversi episodi di violenza e minaccia nel tempo – il primo nell’estate del 2012, un secondo il 7 luglio 2013 e un ultimo avvenuto il 29 luglio 2014 – senza mai denunciare i due uomini. Si decidono solo a tre giorni di distanza dall’ultima vicenda criminale. Sono principalmente questi i motivi per cui i difensori hanno richiesto l’imminente scarcerazione di Ribaudo e Rughoo, perché i fatti non sussistono e non costituiscono reato.

Silvia Buffa

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