Le dita delle mani che si sfiorano mimando una bocca che si apre e si chiude. Un modo inequivocabile per indicare che qualcuno parla. Giuseppe Maggiore mima quel gesto mentre si trova nella sala colloqui della casa circondariale di piazza Lanza, a Catania. Accanto, tutti seduti attorno a un piccolo tavolo, ci sono il cognato Vincenzo Pasquino con la moglie e la suocera. Una telecamera filma il loro faccia a faccia. Pochi minuti che per gli investigatori diventano un tassello nell’impalcatura di Cerbero. L’inchiesta della procura di Torino sulle ramificazioni della ‘ndrangheta in Piemonte. Affari legati principalmente alla droga in cui si sarebbero mossi a loro agio anche alcuni catanesi. Tra loro i cugini Roberto e Antonio Ferlito e la famiglia Maggiore.
Un passato da specialista nei furti, Giuseppe Maggiore viene arrestato a marzo 2016 mentre in macchina trasportava 25 chili di hashish. Carico proveniente dal Piemonte e destinato alle piazze di spaccio di Catania. Due mesi prima era toccato ad altri due corrieri: Vincenzo Oneto e Francesco Filippini. Quest’ultimo, originario di Catania, appena nove giorni dopo inizia a collaborare con i magistrati ed è proprio alla figura di questo narcotrafficante pentito che Maggiore avrebbe fatto riferimento con il suo gesto mimato in carcere. «Scendevano con due macchine diverse – racconta Filippini ai pm – e dopo un’ora dalla consegna ricevano il denaro che avevo raccolto. I guadagni grossi si facevano con l’erba e l’hashish. La pagavo 1400 euro al chilo e la rivendevo a 1800-2000 in base al periodo».
Ma se Giuseppe Maggiore si sarebbe occupato del trasporto a gestire le contrattazioni sarebbero stati Alfio e Graziano Maggiore. Quest’ultimo noto anche per la sua carriera artistica da cantante neomelodico oltre a essere già finito nei guai a maggio scorso nell’operazione Stop and go. Tutti insieme sarebbero stati al servizio di Vincenzo Pasquino, sposato tra le altre cose proprio con figlia di Giuseppe Maggiore e accusato di essere tra le punte di diamante della locale della ‘ndrangheta di Volpiano, nell’hinterland torinese. Nonostante la giovane età Pasquino, 29 anni, avrebbe partecipato a riunioni segrete in Calabria ma anche a trasferte in Brasile al cospetto del broker della cocaina Nicola Assisi, arrestato a luglio scorso con 20 chili di banconote.
Pasquino non disegnava, però, nemmeno le visite al suocero nonostante un rapporto non sempre idilliaco. Tra le intercettazioni finiscono infatti anche alcuni pesanti litigi con la moglie per il mancato sostentamento da parte della famiglia Maggiore al detenuto. «Cosa chiede con 32mila euro che mi deve dare – si lamentava Pasquino – Vedi che tua madre c’ha tre generi non ne ha uno. Tutti mafiosi e rompono il cazzo sempre a me. Ora soldi non ne deve chiedere perché siamo rovinati».
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