Guai a dire che nell’aria c’è tensione. Al massimo si può giusto lasciare intendere che il momento è delicato. E che passerà, dormendoci su, aspettando qualche giorno. L’assemblea dei soci della Sac, la società che gestisce l’aeroporto di Catania, somiglia al talamo dei separati in casa. Un formale stare insieme mentre ciascuno va per la sua strada. «Chi vuole vendere vada avanti, chi non vuole si prenda qualche giorno per pensarci», è la sintesi di quanto si è deciso ieri. Nonostante una lettera inviata dal presidente della Regione Nello Musumeci.
Nel documento del governatore si citano una serie di obiezioni alla procedura di vendita ai privati così per com’è stata pensata. «Non l’ho neanche fatta allegare a verbale – racconta Pietro Agen, presidente della super Camera di commercio (quella che mette insieme Siracusa, Ragusa e Catania) che detiene il 61,22 per cento delle quote societarie – Ho enorme rispetto per il presidente Musumeci, ma la Regione non è socia della Sac. Se vuole l’aeroporto, se lo compri lui, faccia un’offerta migliore di quelle altre che arriveranno». Il tono è quello tranquillo e pacato di chi è blindato. L’accorpamento delle tre Camere di commercio e la battaglia per la presidenza vinta da Agen, ex presidente di Confcommercio, gli hanno garantito la gestione del pacchetto di maggioranza dello scalo etneo.
E lui la sua posizione di vantaggio vuole farla pesare. Sulla vendita l’assemblea dei soci si era espressa favorevolmente a marzo 2019. Era la fase del «dire», adesso tocca al «fare». Ieri mattina bisognava decidere come continuare con le procedure di gara per la selezione di un advisor, una sorta di intermediario che si occupi di mettere in contatto la domanda con l’offerta. Non una persona, ma plausibilmente una grande realtà: Mediobanca, Unicredit, Crédit agricole, per fare gli esempi che vanno per la maggiore. «Eravamo tutti d’accordo – conferma Agen – Se qualcuno dei soci non sa ancora quanto vendere, entra dopo. Non è che possiamo stare fermi, gare d’appalto di questa portata hanno bisogno di un sacco di lavoro e tempo. Mica è una barzelletta. Quando il commissario dell’Irsap (12,24 per cento di quote Sac, ndr), otto mesi dopo il voto sul piano di vendita, si presenta senza la delega di Musumeci ma con una lettera… – continua – Beh, un pizzico di imbarazzo mi sovviene».
Le polemiche, insomma, sono tante. E dopo la decisione di andare avanti saranno ancora di più. L’assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone, nei giorni scorsi, aveva invocato chiarezza con una nota stampa. Ieri i consiglieri comunali di Forza Italia a Catania hanno chiesto un consiglio comunale straordinario proprio su questo tema, per comprendere la strada intrapresa dall’amministrazione guidata dal sindaco Salvo Pogliese. Il primo cittadino etneo, al momento, fa asse con Agen, anche se il Comune ha deciso di non vendere le proprie quote e di tenersi il 2 per cento che ha attualmente.
Ma Pogliese è anche sindaco metropolitano e, in quanto tale, ha deciso la dismissione del 50 per cento della proprietà della Città metropolitana di Catania: un 6,12 per cento (la metà della quota societaria attuale, 12,24 per cento) che, se l’aeroporto venisse venduto effettivamente a un miliardo di euro come Agen prevede, significherebbe decine di milioni di euro nelle casse della ex provincia con i conti in rosso. «Chiuderemo il bilancio della Città metropolitana con 56 milioni di euro di disavanzo – afferma Salvo Pogliese a MeridioNews – L’unica possibilità per dare un po’ di ossigeno a tante realtà, come il Teatro Massimo Bellini, è vendere. Tolto il fatto che senza l’intervento dei privati non si potranno realizzare sull’aeroporto gli investimenti di cui ha bisogno per continuare a crescere come già sta facendo. Sarebbe un danno enorme per tutto il sud-est siciliano».
Sembra però che anche sulla legittimazione di Pogliese si sia concentrato Musumeci nella sua missiva. La legge, infatti, prevede che la competenza su questo decisioni così strategiche spetti non al sindaco metropolitano bensì al consiglio. Che però, nel limbo pluriennale delle ex province, è attualmente sostituito dalla commissaria regionale Francesca Paola Gargano. Secondo alcuni, sarebbe lei – con il naturale input della Regione che l’ha nominata – a dovere approvare la vendita. Nel complicato gioco delle percentuali entra, poi, anche il 12,24 per cento di un’altra ex provincia, il Libero consorzio comunale di Siracusa. Ente in dissesto economico finanziario dal 2018 che, per ripianare la sua milionaria mole di debiti, potrebbe dovere vendere tutte le proprie quote anziché solo parte.
In tutto questo, le questioni economiche non sono finite. Se alla vendita ai privati si andasse solo con le percentuali della super Camera e della ex provincia di Catania, i privati che le acquisterebbero guadagnerebbero già la maggioranza del pacchetto azionario. E questo ridurrebbe il valore delle quote residuali. Per farla semplice: se l’Irsap decidesse di vendere tra qualche anno, quando già almeno il 51 per cento sarebbe stato acquisito da un altro investitore, riceverebbe un’offerta economica più bassa di quella che otterrebbe adesso. Il pacchetto completo, secondo logiche di mercato, conviene. Le logiche della politica sono diverse. E ancora di più lo sono quelle dell’interesse pubblico.
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