Acireale, si avvicina la maxi-multa europea «Senza depuratore acque reflue sotto costa»

È rimasto poco più di un mese per evitare la maxi-multa europea da 300mila euro al giorno. In neanche sessanta giorni Acireale, Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci Sant’Antonio, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, Santa Venerina, Trecastagni, Valverde, Viagrande e Zafferana etnea dovranno – tutti insieme – trovare un accordo per la creazione di un depuratore delle acque reflue. Perché adesso gli scarichi fognari di 160mila abitanti, dove esistono, non sono adeguati alle normative imposte dall’Europa. Ma la soluzione sembra essere vicina e il cerchio delle possibilità si stringe attorno a quella fitodepurazione di cui Nino Garozzo, sindaco acese fino al 24 maggio, alcune settimane fa si era detto «un fan». E pochi giorni fa, durante un incontro informale tra addetti ai lavori al palazzo dell’Ente sviluppo agricolo di Catania, i fan sono aumentati.

«Mi sembra chiaro che ci stiamo impegnando», sospira Angela Foti, deputata all’Assemblea regionale siciliana in forza al Movimento 5 stelle. La cittadina pentastellata è da sempre in prima linea sulla questione depuratore: è stata lei a denunciare non solo il rischio della sanzione multimilionaria che Bruxelles potrebbe far recapitare all’Italia se il Bel Paese non trovasse una soluzione alla questione «acque reflue acesi» entro il 30 giugno 2014, ma anche il reale pericolo che con lo scadere di quella data si volatilizzi anche il finanziamento di 133 milioni di euro che il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha assegnato ad Acireale nel 2012. «Ci auguriamo che la buona volontà serva a ottenere un’altra micro-proroga – continua Foti – o che finalmente le cose ingranino e il progetto si approvi». Con o senza il consenso dei residenti della zona: «Se anche la nuova amministrazione di Acireale non vincolerà i terreni che saranno individuati e non modificherà il piano regolatore, sarò costretta a chiedere il commissariamento».

«Da sempre l’individuazione del sito più adeguato in cui fare sorgere un depuratore è un momento critico per il rapporto delle amministrazioni con i residenti», ammette Laura Ciravolo, presidente dell’Ato Acque Catania, l’autorità d’ambito – in liquidazione da un anno e mezzo – chiamata a cambiare il piano di interventi previsto per gli impianti di depurazione ad Acireale. Le modifiche sono state rese necessarie perché il luogo che era stato individuato per la costruzione di un grosso impianto consortile – che servisse non solo il Comune ionico ma anche gli altri undici del circondario – era la contrada Rocca di volano. A metà tra le riserve naturali della Timpa e delle isole dei Ciclopi, e proprio all’interno dell’area archeologica del Parco delle Aci, di recentissima istituzione. Il posto sbagliato, insomma. E il progetto è da rifare. «Abbiamo letto uno studio che ci ha spinti a vedere il problema del depuratore con un altro occhio – spiega Ciravolo – e adesso stiamo rimodulando il piano degli interventi». Ad aver convinto l’Ato – e anche Palazzo d’Orleans – è stato il progetto di Giuseppe Luigi Cirelli, l’ingegnere specializzato in impianti di depurazione con bassissimo impatto ambientale. «Vogliamo riprodurre artificialmente il processo che la natura fa, spontaneamente, tramite le piante», ha spiegato più volte Cirelli, progetti e foto alla mano.

«Bisogna far capire alla popolazione che con le nuove tecnologie gli impianti non devastano, anzi arredano», prosegue la presidentessa dell’autorità d’ambito. «Faremo conferenze dei servizi e incontri con i Comuni interessati – afferma – La Regione non esclude che il Ministero metta in campo delle sovrastrutture pubbliche che ci aiutino nella fase della progettazione». Con la scadenza di giugno così vicina, «tutti gli uffici sono stati allertati, dovremmo avere risultati sulla fattibilità in poco tempo». Certo, essere puntuali è difficile, se non impossibile: «Per quel mese, credo che sarà molto difficile anche avere una tabella di marcia vincolante». Il fatto, però, è uno: «Senza l’impianto di depurazione, si continuano a buttare i reflui sotto costa. Che credete, che io non le veda le chiazze di acqua disgustosa che si formano in quel tratto di mare, altrimenti splendido?». «La Sicilia non deve avere paura di evoluzione e tecnologie, siamo fermi per colpa del nostro continuo lassismo», arringa Laura Ciravolo. E se la multa può essere un incentivo a muoversi e cooperare, ben venga: «Le amministrazioni stanno lavorando insieme». Anche perché il nuovo progetto non parla di un solo grande depuratore ad Acireale, ma di impianti più piccoli dislocati nei vari Comuni.

«Qualcosa potrebbe anche essere scaricata a Pantano D’Arci, ma dalle prime valutazioni che abbiamo fatto l’incidenza sarebbe bassa, circa 40mila abitanti». Ovviamente, specifica Ciravolo, è tutto in fieri e mancano ancora le «simulazioni dell’impatto sulle tubazioni già esistenti». Infatti Luigi Bosco, assessore ai Lavori pubblici del Comune di Catania, frena gli entusiasmi: «Abbiamo già detto di no una volta, al vecchio progetto – afferma – Ora non è che possiamo modificare la nostra rete di tutta fretta perché c’è in corso una procedura di infrazione comunitaria». Per Bosco, ingegnere anche lui, «finché i miei tecnici non mi diranno che la cosa si può fare senza incidere negativamente sul sistema di fognature che Catania già ha, noi non ci muoveremo». La disponibilità, però, c’è: «Una volta che mi avranno dimostrato che siamo in grado di accogliere senza conseguenze i reflui di altri Comuni oltre che del nostro, lo faremo molto volentieri».

La lungaggini, però, hanno un costo e i 133 milioni di euro di finanziamento potrebbero non bastare, poiché gli interventi potrebbero rivelarsi più costosi del previsto. Una possibilità è che i siciliani debbano pagare la differenza, trovandosi in bolletta un aumento delle tariffe. Ma Salvatore Calleri, neoassessore ai Rifiuti e all’energia della giunta di Rosario Crocetta, nega: «Questo aspetto – dice – non è ancora stato affrontato».

 

[Foto di Francesco Urso]


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