Aci Trezza, al porto solo le barche dei Malavoglia «Vanno tutelate, sono come le gondole a Venezia»

Una parte è demanio marittimo, e la giunta e i consiglieri non possono intervenire senza autorizzazioni. Un’altra zona del porto di Aci Trezza, invece, è di competenza dell’amministrazione comunale. Ed è su quella che il Comune di Aci Castello ha approvato, all’unanimità, un regolamento che tutela le barchette di legno, caratteristica principale del piccolo approdo trezzoto e protagoniste indiscusse della letteratura verghiana del romanzo I Malavoglia. Così le imbarcazioni dei pescatori avranno uno spazio definito all’interno dell’infrastruttura portuale e, soprattutto, avranno priorità assoluta rispetto a qualunque barca destinata ad altre attività e composta di altro materiale. «È un modo per proteggere espressamente un’identità storica e culturale», spiega Toni Guarnera, consigliere comunale e promotore del regolamento insieme al collega Sebastiano Romeo.

A poter occupare gli spazi comunali del porto saranno, in ordine di importanza stimata, prima le barche da pesca, poi le «imbarcazioni da diporto tradizionali con caratteristiche di costruzione in legno» e infine tutte le altre imbarcazioni da diporto «realizzate con materiali costruttivi diversi». «In ogni caso – prosegue il regolamento appena approvato – si applicherà il principio della priorità per i residenti e per coloro che abbiano avuto la residenza storica per almeno 20 anni». Una scelta politica per affidare gli spazi portuali di pertinenza del Comune solo alle barchette che rendono Aci Trezza immediatamente riconoscibile sul piano nazionale. E che sono valse al piccolo borgo marinaro la menzione, dal 22 maggio 2014, all’interno del Reis, il Registro delle eredità immateriali della Sicilia

Non solo: «In questo modo i maestri d’ascia, che sono i costruttori delle barche tradizionali, potranno finalmente dirsi tutelati». In realtà di maestro d’ascia, ad Aci Trezza, ne è rimasto uno soltanto. E pochi di più sono i pingisanti, gli artisti che pitturano le barchette coi disegni tipici. Un lavoro manuale, artigianale e antichissimo tanto quanto quello di chi crea gli scenari sui carretti siciliani. «In realtà – precisa Guarnera – esiste un albo nazionale per i maestri d’ascia. Perciò se qualcuno volesse venire da fuori per svolgere la sua attività potrebbe farlo serenamente. E in questo vedo solo un grande arricchimento per il nostro Comune». Purché si rispetti lo «scenario originale dei faraglioni, che viene fuori da un romanzo esattamente per com’era davvero». Con un’attenzione particolare nei confronti dell’ambiente: «Gli uffici, insieme all’area marina protetta Isole dei ciclopi, avranno il compito di definire le prescrizioni di natura ambientale: se si potranno usare determinati strumenti e quali sostanze per la cura dell’imbarcazione».

A questo, però, va aggiunto un piccolo affitto. «Sarà previsto un canone di occupazione del suolo pubblico – continua il consigliere castellese – Una cifra irrisoria, in base ai metri di lunghezza della barca». In media, comunque, dovrebbe costare circa due euro al mese e la concessione dovrà essere rinnovata ogni nove. «Per legge è necessario prevedere un pagamento, ma quei pochi euro ci serviranno solo a coprire i costi di segreteria e a diventare un impegno per chi mette la barca al porto». Affinché, per esempio, non venga abbandonata dopo qualche danneggiamento del mare. «La registrazione delle concessioni avrà anche un effetto costruttivo», aggiunge Toni Guarnera. Il riferimento è al censimento che l’amministrazione farà senza neanche averlo chiesto. «Spesso le barche rotte e non riparabili vengono abbandonate al porto – conclude – Così, invece, saremo in grado di risalire al proprietario di tutte». Un risparmio per le casse comunali («Rimuovere le carcasse di legno ha un costo») e un guadagno per l’economia cittadina. «Finora le barchette non le abbiamo valorizzate al massimo, ma potrebbero diventare come le gondole per Venezia». 


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