Aci Catena, ricorso contro l’assoluzione di Maesano Procura: «Accettò promessa corruttiva, basta questo»

«Una errata applicazione della norma penale». Ci sarebbe questo all’origine dell’assoluzione di Ascenzio Maesano dall’accusa di corruzione nel processo Gorgoni. A sostenerlo sono le magistrate Tiziana Laudani e Antonella Barrera. Le pm hanno appellato la sentenza pronunciata, in estate, dalla prima sezione del tribunale di Catania. Il collegio aveva ritenuto insussistenti i fatti imputati all’ex sindaco di Aci Catena. Stessa valutazione anche per Rodolfo Briganti, l’amministratore della Senesi, ditta che tra il 2015 e il 2016 si contese con la Ef Servizi Ecologici di Vincenzo Guglielmino – imprenditore legato al clan Cappello e deceduto durante il processo – l’appalto per la raccolta dei rifiuti nella città del limone verdello. La querelle, nonostante le reciproche pretese legate all’emissione in momenti diversi di interdittive antimafia per entrambe le imprese, per lungo tempo portò ad affidamenti temporanei alla Senesi

È nell’ambito dello svolgimento del servizio che per la procura si sarebbe instaurato un rapporto corruttivo tra il politico e l’imprenditore. A fare da intermediario sarebbe stato il giornalista Salvo Cutuli, all’epoca addetto stampa della ditta e condannato in primo grado a due anni per istigazione alla corruzione. Una mitigazione del capo d’imputazione – la richiesta di condanna era per corruzione – scaturita dalla tesi per cui Cutuli avrebbe agito di propria iniziativa, proponendo a Maesano di revocare penali per 50mila euro alla Senesi e ottenere in cambio un sostegno finanziario in vista della campagna elettorale per le Regionali 2017, senza comunque riuscire a ottenere alcun risultato. Per i giudici, infatti, le intercettazioni farebbero emergere un atteggiamento attendista da parte di Maesano. «Prende tempo, tergiversa, se ne esce con un generico “ora vediamo” come a dire: “Ci penso”, ma senza manifestare un serio intento a pensarci», si legge nella sentenza. Il tutto a riprova del fatto, secondo il collegio, che Maesano non avrebbe risposto in alcuna maniera concreta alle sollecitazioni ricevute. A ciò poi, hanno ricordato i giudici, si aggiunge il fatto che le penali non furono toccate

Per le pm, tuttavia, la lettura data ai fatti finiti al centro del processo sarebbe errata. Laudani e Barrera hanno ricordato che a lamentarsi delle penali con Maesano era stato lo stesso Briganti e il primo cittadino, dopo essersi informato circa l’iter che gli uffici avrebbero dovuto seguire, aveva commentato dicendo «strappiamo tutto». In altre parole, per le magistrate che hanno sostenuto l’accusa in primo grado, gli elementi di prova per condannare Maesano e Briganti, e di conseguenza riformare anche la sentenza nei confronti di Cutuli, ci sarebbero tutti

Il convincimento poggia anche su una riflessione di natura strettamente giurisprudenziale: affinché il reato venga ritenuto compiuto è sufficiente l’accettazione della promessa corruttiva. «La richiesta di un quid pluris (un elemento aggiuntivo, ndr), rispetto alla palesata volontà del pubblico ufficiale di stringere l’accordo criminoso – scrivono le due magistrate, facendo riferimento alla mancata cancellazione delle penali – si traduce inevitabilmente nella violazione del disposto normativo; nel caso di specie Maesano aderiva sia alla richiesta del Briganti che alla successiva richiesta del Cutuli». Per le pm, infatti, sia nei dialoghi con l’imprenditore che in quelli con l’addetto stampa ci sarebbero le prove della disponibilità dell’allora sindaco ad andare incontro alla Senesi. «Ora ciccamu di sistemariccilla (Adesso cerchiamo di sistemargliela, ndr)», è una delle frasi pronunciate dal sindaco e intercettate. I giudici di primo grado, però, hanno ritenuto che Maesano l’abbia pronunciata soltanto per la difficoltà dei politici a opporre un rifiuto davanti a una richiesta. Interpretazione che non ha convinto la procura.

E c’è di più. Laudani e Barrera ritengono inverosimile che l’addetto stampa si sia mosso di propria iniziativa, senza un’imbeccata da parte di Briganti. «Per quali ragioni – si chiedono le magistrate – avrebbe dovuto, con tale insistenza, richiedere l’annullamento delle sanzioni irrogate se non perché in tal senso sollecitato dall’unico soggetto che ne aveva interesse, il quale peraltro si era già premurato di avanzare personalmente analoga richiesta al sindaco?». Tra i motivi, infine, che hanno portato alla decisione di ricorrere in appello c’è anche una considerazione relativa all’assunzione di otto operatori ecologici, fatta da Briganti su esplicita indicazione di Maesano. I nominativi fatti dall’allora primo cittadino sarebbero stati frutto di raccomandazioni riconducibili a diversi politici locali. «Circostanza peraltro pacificamente ammessa in sede di interrogatorio», hanno ricordato le appellanti. 

Quando l’indagine era ancora calda, la notizia delle assunzioni pilotate aveva fatto clamore. A segnalare coloro che avrebbero dovuto lavorare per la Senesi erano stati – per ammissione dello stesso Maesano, sia a Briganti che in seguito agli inquirenti – alcuni tra gli assessori e i consiglieri comunali del tempo. Tra loro, diversi in queste settimane sono protagonisti della campagna elettorale per le Amministrative di giugno. Un impegno che sta vedendo protagonista nel ruolo di capitano non giocatore lo stesso Ascenzio Maesano. In riferimento alla scelta degli operatori ecologici, nel corso del processo di primo grado, i legali dell’ex sindaco e di Briganti hanno ricordato come la selezione del personale avesse riguardato un’impresa privata, per sua natura sollevata dall’onere di indire procedure pubbliche. Tuttavia, per le pm, quella storia andrebbe tenuta in considerazione nella valutazione del rapporto corruttivo che, ne sono convinte, sarebbe sorto tra il primo cittadino e l’imprenditore. 


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