Sono entrambi di Piazza Armerina, ma c’è voluto un incontro casuale per farli avvicinare e far nascere così il racconto di «un’insospettabile bugia mediatica, tra cerchi magici, finto efficientismo digitale ed episodi surreali». Protagonista è Antonio Venturino, vicepresidente vicario all’Ars espulso dal Movimento 5 stelle, suo demiurgo è il giornalista e scrittore Concetto Prestifilippo che ha raccolto le sue confessioni nel libro Misteri buffi – Il Movimento Cinque Stelle raccontato dal primo grillino pentito, edizioni Ponte Sisto. Il volume sarà presentato alla Magneti cowork in via Emerico Amari, a Palermo, domani alle 18. «Mi stupisce come un uomo libero e un grande intellettuale come Dario Fo non abbia avvertito la pericolosità che si annidava dietro la parvenza rivoluzionaria del movimento di Grillo, come abbia potuto avvalorare questa sorta di inconsapevole fascismo digitale, quello delle manganellate da social network, della violenza e del linguaggio volgare e rancoroso».
Parola di Venturino, un passato da attore di teatro, diventato noto alle cronache italiane per l’espulsione dal movimento di Grillo, ufficialmente per essersi mostrato critico sui meccanismi di restituzione di parte delle indennità, e che nel libro traccia un ritratto impietoso del movimento: «Non sembrava un gruppo parlamentare, ma una ragioneria comunale. Si passava il tempo in sfibranti attività di rendicontazione», tra logiche di vecchio stampo che prevedevano però, l’imposizione di determinati collaboratori, come «Samantha Busalacchi, la stessa dello scandalo delle firme false a Palermo, un’estremista fanatica».
Impietoso anche il giudizio su Giancarlo Cancelleri: «Ragazzo animato da grande passione ma modesto nei contenuti, non tollerava che qualcuno potesse mettere in discussione la sua leadership». Nel libro Venturino ricostruisce a Prestifilippo i primi entusiasmi dopo la sua elezione: «Il mio paese, Piazza Armerina, aveva subito una mutazione, erano diventati tutti grillini», fino a scontrarsi con l’assenza di interlocuzione e di strategia all’interno del movimento: «Non era solo inesperienza, continuavamo a certificare la nostra incertezza e improvvisazione».
Ma tra scene memorabili, aneddoti gustosi, ritratti lapidari del pentito grillino e incursioni colte di Prestifilippo, a essere raccontato è il potere siciliano, prigioniero di burocrati e personaggi surreali, tra un malcontento che non trova spazio neanche nella fallita rivoluzione di Crocetta e certi «Richelieu in salsa sicula, come il senatore Beppe Lumia che sbucava da una porticina a ogni riunione operativa per intervenire con tono sacerdotale». Segno che, come profetizzava Sciascia, citato da Prestifilippo, «in Sicilia il potere è sempre altrove». «Ironia della sorte – osserva Venturino – questa avventura politica era partita con l’idea di distruggere il vecchio e si conclude con la consapevolezza che una sana democrazia non può prescindere dalla centralità dei partiti».
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