Si erano arroccati, tra le polemiche, a due passi da piazza Dante, in un edificio al piano terra di largo Idria. Passati quasi due anni della sede etnea di CasaPound non è rimasto nulla. Lo stabile al civico uno è chiuso con un lucchetto in ferro mentre sulla facciata rimangono i resti di uno striscione, rimosso su disposizione della questura lo scorso 25 aprile. Giorno della festa della Liberazione. Attraverso le finestre, in parte coperte con della carta, si riescono a scorgere gli interni, tra muri intaccati dall’umidità e alcuni adesivi con il simbolo della tartaruga ottagonale frecciata. Sono lontani i tempi in cui il leader Simone Di Stefano sbarcava in città per lanciare ai piedi dell’Etna i «fascisti del terzo millennio».
A scomparire dalla scena politica locale è anche il coordinatore provinciale Pierluigi Reale. Da ottobre l’ex candidato al parlamento europeo ha deciso di rimettere il suo mandato dopo un incontro con i vertici del partito tenutosi a Roma. Una decisione che, ufficialmente, sarebbe maturata per motivi di lavoro a causa del trasferimento fuori dai confini italiani, dove Reale da alcuni anni è impegnato, tra Brasile e Cina, nel portare avanti il progetto di produrre un modello di elicottero bimotore. L’ormai ex front man non sarebbe però l’unico ad avere «lasciato la comunità», come lo stesso puntualizza. Da diverso tempo ha dato i saluti anche Giuseppe Spadafora, l’ex carabiniere candidato al Senato durante le politiche 2018.
Nel sito web ufficiale di CasaPound Sicilia l’organigramma almeno per il momento non è stato aggiornato e il nome di Reale resta al suo posto, così come il civico che indica la sede chiusa. In questi due anni il partito, tra dissensi e polemiche, aveva provato a lanciare le ronde a sostegno degli operatori delle guardie mediche. Iniziate tra Gravina di Catania e Trecastagni, poi rimaste lettera morta per quanto riguarda l’ospedale Vittorio Emanuele di Catania. L’epilogo in una denuncia presentata dal giornalista Riccardo Orioles, con l’accusa di vigilanza abusiva.
Da dietro le quinte del partito, e rigorosamente a microfoni spenti, si parla di una sorta di ricambio generazionale ai piedi dell’Etna. Un generico «largo ai giovani» sotto il coordinamento del responsabile regionale, il palermitano Vittorio Susinno, e senza una sede fisica. Ma guai a parlare di commissariamento del movimento a Catania. Tra gli ex militanti è unanime l’idea che a contribuire al «liberi tutti» potrebbe essere stata la decisione, a livello centrale, di concludere l’esperienza partitica ed elettorale. Decisione resa nota dopo le ultime europee dal presidente Gianluca Iannone.
Nonostante una buona esposizione mediatica a Catania, come nel resto d’Italia, CasaPound non è mai riuscita a incidere a livello elettorale. Dopo l’esclusione della lista alle regionali siciliane del 2017, l’ultimo banco di prova su Catania è stato proprio quello delle elezioni europee dello scorso maggio concluse con appena mille voti racimolati. Numeri in linea con quelli delle politiche 2018, tornata in cui Reale si candidò alla Camera dei deputati, mentre al Senato furono circa 800 quelli per Maria Tiziana Volpe e poco meno di 400 per Spadafora.
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