Il punto nel distretto di Catania attraverso la relazione di Domenica Motta, presidente facente funzioni della corte d'Appello etnea. Le cosche traggono nuova linfa dalla pandemia. Spazio anche alla situazione logistica degli uffici, dislocati in 12 sedi
Nuovo anno giudiziario, tra Covid e assenza di personale «Virus aumenta povertà. Per i clan nuova manovalanza»
«La pianta organica della procura distrettuale di Catania è sottodimensionata, rispetto all’elevatissimo numero di procedimenti e di imputati e al numero di misure cautelari emesse per reati di criminalità mafiosa che lo pone al terzo posto in Italia». Lo afferma la presidente facente funzioni della corte d’Appello etnea Domenica Motta, nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto. «Ulteriori criticità – aggiunge – sono rappresentante dalla grave scopertura organica nei ruoli del personale amministrativo, soprattutto per le qualifiche professionali più elevate, e dalla situazione logistica dell’ufficio, atteso che il personale è dislocato in dodici sedi diverse, quasi tutte di proprietà privata, il che non solo è fonte di un gravoso carico economico per l’erario».
Dalle
rilevazioni statistiche emerge che, nonostante il periodo di lockdown, le pendenze sono state ridotte. A fronte di 15.673 procedimenti penali iscritti nei confronti di noti nel periodo di riferimento ne sono stati definiti 16.173. Anche il numero di procedimenti iscritti nei confronti di ignoti è in diminuzione rispetto all’anno precedente, essendo stati definiti 15.779 procedimenti a fronte di 15.714 nuove iscrizioni.
Nella relazione spazio anche a un focus sulle
strutture criminali della mafia attive nell’area etnea. Nonostante la loro decimazione grazie a numerosi provvedimenti restrittivi, «i clan mantengono una composizione numerica pressoché inalterata stante il continuo ingresso di nuova manovalanza criminale, proveniente dalle
sacche di emarginazione e sottosviluppo radicate nelle periferie degradate, mai rimosse ed anzi in via di aggravamento per la perdurante crisi economica e le conseguenti difficoltà occupazionali». All’interno dei gruppi criminali spiccano anche le donne «con ruoli anche di responsabilità e dirigenza. Le modalità operative dei vari gruppi continuano ad essere improntate ad una sostanziale non belligeranza con gli altri clan mafiosi, dettata da logiche spartitorie e consonanze affaristiche; rari sono stati, invece, gli episodi di aperta conflittualità. Esse hanno riguardato soprattutto la gestione delle piazze di spaccio». Tra i casi più noti in questo senso lo scontro tra le cosche Cappello e Cursoti ad agosto 2020. Tensione e dissidi culminati con l’uccisione di Enzo Scalia e Luciano D’Alessandro.
Sul fronte della lotta all’immigrazione clandestina viene posto l’accento sull’aumento degli sbarchi di migranti, soprattutto siriani, provenienti dalla Turchia a bordo di velieri, condotti spesso da persone dell’Europa dell’est e «per i quali i migranti sono costretti a pagare somme particolarmente elevate. Le pur numerose indagini avviate – continua la relazione – hanno sempre trovato un limite nella necessaria cooperazione giudiziaria della Libia o della Turchia, ad oggi mancata nonostante le varie richieste di rogatoria inviate».
Infine spazio alle
ripercussioni del Covid-19 sull’organizzazione della macchina giudiziaria. «L’andamento della giurisdizione civile e penale è stato fortemente condizionato dalla nota emergenza sanitaria nazionale. Con la normativa primaria che ha disposto la stasi pressoché totale dell’attività giudiziaria, con il rinvio delle udienze dal 9 marzo fino all’11 maggio 2020 e la sospensione dei corrispondenti termini processuali». Nei mesi scorsi non sono mancate le polemiche sui contagi, con due avvocati del distretto che hanno perso la vita dopo avere contratto la malattia.