Classe 1980, l'uomo è accusato di essere un esponente di rilievo del gruppo mafioso dei Laudani nel territorio di Misterbianco. Anche a lui il boss Orazio Scuto avrebbe indirizzato dal carcere i pizzini nascosti nei succhi di frutta o nella cioccolata
Chi è Giacomo Caggegi in arte Rocky, il pugile del clan «Non devi parlare perché ti metto la pistola in bocca»
«Io sono Giacomo il pugile, quello dei mussi di ficurinia». Un nome, un marchio, una garanzia. È lo stesso Giacomo Caggegi a scegliere uno dei soprannomi con cui lo conoscono tutti (oltre a Rocky) per presentarsi al figlio di un esponente di spicco del clan Pillera-Puntina e mettere in chiaro le cose durante un diverbio. Il giovane, classe 1980, è finito in carcere nell’ambito dell’operazione Report con l’accusa di associazione mafiosa perché ritenuto un esponente di rilievo del clan Laudani nel territorio di Misterbianco.
Anche a lui sarebbero stati indirizzati, infatti, alcuni dei pizzini nascosti nei succhi frutti o dentro le confezioni delle barrette di cioccolata da Orazio Scuto – detto il vetraio – boss del clan Laudani detenuto nel carcere di Caltanissetta. Al pugile sarebbe spettato il compito di redarguire la frangia dei giovani durante le diatribe generazionali interne al clan e di organizzare alcune spedizioni punitive per riparare i torti subiti ed evitare che la credibilità del gruppo sul territorio venisse minata. Per questo «noi lo chiamiamo Rocky», dice Girolamo Lucio Brancato (l’uomo – anche lui finito in carcere – che sarebbe stato il contatto del deputato di Italia Viva Luca Sammartino per un sostegno durante la campagna elettorale per le Regionali del 2017) facendo riferimento all’epiteto con cui lo appellano lui e Rino Messina, quest’ultimo incensurato ma ritenuto braccio destro del boss.
In pratica, Rocky sarebbe stato il terzo anello della catena, subito dopo Messina e Scuto. «Ora gliele dovrebbe sistemare Giacomo che si è preso tutta la responsabilità – dice Brancato – Però Giacomo per ogni cosa deve avere lo sta bene del signor Rino e Rino deve avere quello del vetraio». In questo caso, la responsabilità del pugile avrebbe dovuto sollecitare i giovani a essere più parsimoniosi: con i soldi del clan alcuni si sarebbero concessi addirittura delle crociere. Uno sperpero, a detta dei vecchi. E sistemare la faccenda tocca a Caggegi che, però, non sempre riesce a essere soddisfacente per l’incapacità di contrapporsi in modo efficace ad alcuni giovani emergenti. «Rocky sta prendendo colpi di legno da tutti i lati. Là aribumma (rimbalza, ndr), là aribumma, là aribumma. Però è al centro, gli piace stare al centro dell’attenzione». Tanto che quando nel 2018 Brancato scopre una telecamera davanti alla sua pizzeria è proprio il pugile uno dei primi che si preoccupa di avvertire perché se la faccia alla larga il più possibile.
Appassionato non solo di boxe ma anche di armi da fuoco, Caggegi in passato (nel 2008) è stato anche arrestato per averne detenute di illegali. Una abitudine che, stando a quanto emerso dalle indagini, non avrebbe perso. Quando scopre degli atti intimidatori davanti alla sua abitazione, Rocky non si fa prendere dal panico. Un componente del suo gruppo gli suggerisce di mettere un ragazzo a fare da sentinella sotto casa per assicurarsi protezione. «Quale caruso (ragazzo, ndr)? Basta che ho lo carusa (la ragazza, che per gli inquirenti sarebbe un modo affettuoso di chiamare la pistola, ndr) e sono a posto». E, in effetti, il modo in cui usarla sarebbe stato già abbastanza chiaro. Per minacciare il responsabile di Monte Po gli avrebbe detto: «‘Mbare, non parlare perché ti metto la pistola in bocca».