Aci Trezza, stop a ricerche dedicate ai due dispersi Pescatori: «Ci passiamo la voce, li cerchiamo noi»

«Mi raccomando, dacci un occhio tu». Ogni giorno, ormai da una settimana, i pescatori che partono dal porticciolo di Aci Trezza per andare a lavorare si dividono il compito di cercare i due colleghi dispersi nelle acque dello Ionio dal 23 dicembre scorso. A raccontarlo è Sebastiano Rodolico, uno dei maestri d’ascia del cantiere navale Rodolico della frazione marinara dove Giovanni Verga ha ambientato I Malavoglia. Il romanzo è ambientato nell’800 e rievoca la storia di una famiglia di pescatori le cui sorti cambiano in seguito al naufragio della Provvidenza. Un episodio in cui perde la vita Bastianazzo, il figlio del capofamiglia padron ‘Ntoni. La cronaca di oggi sembra uscire fuori dalle pagine del libro e confondersi con la realtà del borgo trezzoto, almeno in queste ore in cui tutti «pregano di trovare i ragazzi», dice Sebastiano Rodolico. Nel frattempo la capitaneria di porto di Catania fa sapere di avere «chiuso la fase delle ricerche dedicate». «Nei fatti, però, i nostri mezzi continuano a cercarli», precisano.

Fabio Giuffrida, conosciuto nell’ambiente come Fabiu ‘U bonued Enzo Cardì, soprannominato Enzu ‘U biondu, amici tra loro (entrambi di 38 anni e scapoli), sono usciti dal porto di Aci Trezza a bordo di un motoscafo di cinque metri, pare intenzionati a recarsi nei pressi delle acque di Siracusa, nel primo pomeriggio del 23 dicembre. I due non sono più rientrati e l’ultima volta che i loro cellulari hanno squillato erano le 16.30 di sette giorni fa. Quando cioè sono scattate le operazioni della capitaneria di porto, che li ha cercati per lo più «nel Canale di Sicilia e nello specchio di mare compreso tra Portopalo e Letojanni», precisano dalla centrale operativa del corpo coordinato da Nunzio Martello. Nel frattempo, ad Aci Trezza «ogni volta che qualcuno guarda il mare pensa a loro», aggiunge Sebastiano Rodolico. «Uno, Enzo, era amico di mio figlio e fino al giorno prima erano andati a pescare insieme. È assurdo pensare come il mare possa cambiare a tal punto le carte in tavola», conclude il maestro d’ascia. 

Ogni volta che qualcuno guarda il mare pensa a questi due ragazzi

A conoscerli «di vista, perché almeno così qua ci conosciamo tutti» è Sebastiano, uno di quei residenti che durante l’estate fa la spola tra il porticciolo e l’isola Lachea con la sua barca di legno stracolma di turisti. «Tutti i pescatori li stanno cercando, c’è molta apprensione», sottolinea. Un’operazione, quella dei colleghi, che nasce dal forte senso di appartenenza alla categoria e dalla voglia di rendersi utili. «Ogni mattina, quando usciamo per andare a largo, ci guardiamo intorno sperando di trovare qualcosa. Ci passiamo la voce da Catania ad Augusta», spiega Fabio Micalizzi, presidente della Federazione armatori siciliani nonché referente dell’Associazione pescatori marittimi professionali. «La nostra esperienza – afferma – ci fa ipotizzare che abbiano avuto un guasto al motore e poi, una volta in avaria, siano rimasti in balìa delle correnti». «Quel giorno le condizioni in mare aperto non erano buone tant’è che – continua – un ragazzo che era su un’altra barca a fianco alla loro aveva deciso di tornare indietro». 

«Non li conoscevamo benissimo ma sappiamo che vivevano di pesca e cercavano per lo più merluzzi, calamari, spada e tonni. Siamo vicini alle loro famiglie e cerchiamo di dare una mano come possiamo», dice Fabio Micalizzi. Ma «è uno di quei casi in cui a tutti quelli che fanno questo mestiere ritorna la voglia di combattere per l’istituzione del cosiddetto fondo per le vittime del mare. Mi auguro che non sia questa la circostanza in cui appaia necessario ma – conclude – noi e le nostre famiglie saremmo più tranquilli a sapere che, se ci dovesse succedere qualcosa, a figli e mogli resterebbe qualcosa».  


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