Migranti, l’uomo estradato rimane in carcere Legale: «La Procura si basa su meri indizi»

«I plurimi elementi indiziari di cui parla la Procura non sarebbero altro che gli elementi già assunti e specificati nell’ordinanza di custodia cautelare. Meri indizi, punto». Sono i primi commenti dell’avvocato Michele Calantropo, difensore dell’uomo estradato in Italia lo scorso 7 giugno che dichiara essere Mered Tesfamarian.  Il Gip gli ha però negato la scarcerazione. La Procura di Palermo, infatti, continua a essere convinta che l’arrestato sia la persona giusta, cioè Mered Yedhego Medhane, uno dei principali esponenti del traffico di esseri umani coinvolto nei disperati viaggi dei migranti dall’Africa all’Europa. La Procura, a sostegno delle indagini coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Maurizio Scalia e dai pm Geri Ferrara e Claudio Camilleri, continua a parlare di chiari elementi che incastrerebbero l’uomo.

«A questi indizi, purtroppo, non sono seguiti degli approfondimenti e dei riscontri per capire a cosa corrispondano» spiega il legale, che prosegue: «Per esempio, in merito a una telefonata fra il mio cliente e alcuni soggetti di origine eritrea, se ne conoscono soltanto i nomi, non si è pensato di appurare chi siano effettivamente le persone con cui si svolge la conversazione. Non c’è nulla di più che faccia presumere che questa abbia un contenuto illecito». Alcuni misteri sulla vicenda, però, rimangono fitti. La Procura sostiene l’indimostrabilità dell’identità dichiarata dall’uomo. «Hanno solamente delle carte. Non è vero che la sua identità sia indimostrabile – ribatte ancora Calantropo – Forse a loro non conviene, è diverso». Gli unici accertamenti in corso da parte della Procura sarebbero volti, secondo il legale dell’uomo, a «cristallizzare il fatto che si tratti della persona coinvolta nel traffico di esseri umani, senza fare neppure un accertamento sul fatto che si tratti di Mered Tesfamarian». Pare, infatti, che al momento non sia stato sentito nessun testimone, né in Sudan né in Europa, fra quelli che sostengono di aver riconosciuto nell’arrestato Tesfamarian.

«Non è stato fatto alcun test del dna, mentre i familiari dell’uomo sono assolutamente disposti a sottoporsi» dice ancora Calantropo, che ironizza: «Si potrebbe dimostrare che non si tratta di Mered Yedhego Medhane, che in questo momento si troverà in un altro posto ancora alle prese col traffico di migranti e se la starà ridendo». Calantropo rimane comunque fiducioso: «Dimostreremo l’assoluta estraneità ai fatti del mio cliente. Sto aspettando delle comunicazioni dalle varie parti del mondo – conclude – che potranno attestare l’assoluta infondatezza della ricostruzione fatta dalla Procura della Repubblica di Palermo e che ci daranno ragione sull’identità dell’uomo».

Fonti vicine alla Procura chiariscono: «Gli avvocati sanno come avvengono le indagini, non possono essere pubbliche» spiegano, sottolineando che le indagini si sono compiute, che sono state prospettate al Giudice e che questo ha ritenuto corretta la condotta di chi ha gestito l’inchiesta. «Non abbiamo niente da commentare – continuano dalla Procura -, ci rifacciamo ai provvedimenti del Giudice. Parliamo per atti giudiziari, non per dichiarazioni. L’avvocato Calantropo farà le sue rimostranze al Giudice come previsto dalla legge e noi faremo le nostre osservazioni come previsto dal codice».


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