«S’io fossi sindaco»… Raffaele Stancanelli

Può riassumerci in tre parole il suo programma per cambiare Catania?
«Cerchiamo di non essere presuntuosi. In tre parole non si può cambiare Catania. Abbiamo bisogno di dare una grossa scossa alla città. In questi venti giorni di campagna elettorale ho girato in lungo e in largo, sono andato da tutti gli strati sociali, da tutte le categorie. A Catania si chiede sicurezza, si chiede legalità. Io penso che la prima cosa da fare sia il ripristino delle regole, una città deresponsabilizzata, demotivata ha bisogno di avere la sicurezza che ci sono regole certe. Io penso che si debba incominciare da qui. La pulizia della città, poi. È una città sporca, una città disordinata, una città caotica dove si sta in terza e in quarta fila: tutto questo non può essere più».
 
Si parla tanto del problema della sicurezza, dei clandestini, ma le statistiche ci dicono che a Catania non sono gli immigrati che commettono più reati, ma i catanesi stessi.
«Obiettivamente non credo che a Catania il problema sia quello degli immigrati. Penso che il problema di Catania consista nel fatto che questa grande città a poco a poco negli ultimi anni ha subito una deresponsabilizzazione. Ci sono le macchine in quarta fila? Io la metto in quinta; c’è la città sporca? Partecipo a sporcarla. Non c’è un senso d’appartenenza. Io penso che si debba partire proprio da questo, da una educazione civica che parte dagli esempi che gli amministratori debbono dare. Questa è la cosa più importante».
 
Le buche nelle strade: una piaga in città. Ma è così difficile una manutenzione tempestiva?
«Non penso che sia difficile. Fa parte di quel problema di cui parlavo io. Di questo lento degrado, abbandono e apatia che c’è a Catania e ovviamente la responsabilità va data in primo luogo agli amministratori, che non hanno dato l’esempio; ma poi si crea questo circuito vizioso che porta a questo stato di rassegnazione. Catania non deve rassegnarsi. La prima cosa che farei se venissi eletto sindaco lunedì prossimo è una pulizia generale e straordinaria di Catania. Non tanto per la pulizia, che comunque è importante, ma per dare un messaggio forte ai catanesi: la città è pulita. Ecco: contribuiamo tutti a renderla pulita. Il ripristino delle regole».
 
Parliamo del suo predecessore. Cosa secondo lei vi accomuna e cosa vi differenzia?
«Non mi piace fare commenti, polemiche, dare giudizi sugli altri. Io ho affermato sin dall’inizio che io mi metto in discontinuità a una certa pratica amministrativa che non condivido, ma questo non vuol dire dare giudizi personali sul mio predecessore che è un grande scienziato».
 
Ma lei comunque ne rappresenta la continuità. Il gruppo politico è lo stesso.
«Io personalmente non ne rappresento la continuità. Faccio parte dell’alleanza di centrodestra. Riconosco che Scapagnini ha fatto delle opere importanti per Catania, mi riferisco alla grande viabilità, alle rotonde, all’aeroporto, nello stesso tempo, però, non posso che prendere atto che c’è una situazione di degrado nella città soprattutto dal punto di vista morale da cui si debbono prendere le distanze. Poi, se sia colpa della precedente amministrazione o no non mi interessa, io so che a Catania la gente chiede più disciplina, più regole, più pulizia, più vivibilità, più attenzione ai problemi sociali, più attenzione ai quartieri degradati, più attenzione ai giovani. Se si tratta di discontinuità o continuità non m’interessa, so soltanto che dobbiamo dare queste risposte».
 
Il famoso buco finanziario. Cosa prevede il suo programma a riguardo? Dovranno soffrire i catanesi e quanto?
«Io penso che il deficit finanziario del Comune vada affrontato in maniera coerente. La prima cosa che farò se sarò eletto sindaco sarà rendere pubblica la situazione vera del bilancio del comune, vediamo a quanto ammonta questo buco. Come si recupera? Non devono fare sacrifici i cittadini, ma li deve fare la politica. Si devono eliminare tutte le spese superflue, si devono eliminare tutte le consulenze, recuperare tutti i crediti che l’amministrazione vanta. Poi si deve fare un monitoraggio di tutti i beni immobili di proprietà del Comune, che sono notevolissimi, e dismettere quelli che non sono necessari per il raggiungimento dei fini istituzionali. Inoltre far ripartire l’economia attraverso il piano regolatore. Se viene approvato, riparte l’economia e le casse del Comune smetteranno di essere esangui».
 
Ma lei crede che la “vecchia” Catania Risorse possa essere una buona soluzione?
«Ma vede, questi sono aspetti finanziari. Catania Risorse (la società che è stata creata per la valorizzazione del patrimonio comunale, ndr), io non la demonizzo, a patto che abbia un programma serio, che riesca a valorizzare il patrimonio e che porti introiti freschi. L’importante è che non ci sia nessuno che pensi che il patrimonio del Comune possa essere preda di qualcuno a basso prezzo. Questo non potrà avvenire».
 
Parliamo d’Università. Lei ha studiato a Catania. Quali sono i suoi ricordi, faceva politica già allora? 
«Ho fatto sia il liceo che l’università qui, laureandomi in giurisprudenza. Facevo politica nelle organizzazioni giovanili della destra universitaria. I miei ricordi sono assolutamente positivi perché io studiavo e facevo politica, ma sapevo che la cosa più importante era lo studio. Chi vuol fare politica senza avere alle spalle una professione, alla fine può diventare anche uno sbandato, e fa della politica una professione. Chi invece ha il suo lavoro può fare politica e dare il meglio di sé».
 
Lei conosce i continui mutamenti del nostro Ateneo. Cosa ne pensa dell’attuale livello di qualità che offre?
«Io penso che quando un’università diventa di massa perde in qualità. Devo però riconoscere che nell’ultimo periodo c’è stato un innalzamento della qualità nell’Ateneo catanese. Vi sono alcune facoltà che sono di eccellenza. La mia facoltà era una delle più all’avanguardia in Italia e tale è rimasta. Catania ha dato grossi risultati, Catania ha avuto grandi cervelli. Purtroppo esiste un fatto, che molti cervelli catanesi sono costretti per mancanza di lavoro a emigrare. Ecco, io penso che una politica intelligente debba fare tornare i cervelli nella nostra Sicilia».
 
E qualora venisse eletto sindaco cosa pensa di poter fare per questo problema?
«Non abbiamo la bacchetta magica, ma creare le condizioni per un ritorno è necessario. Avremo cinque anni di stabilità di governo, perché è successa una cosa che non era mai successa nella storia repubblicana. Nel giro di due mesi dal 13 aprile al 16 giugno si chiude tutto l’iter elettorale. Si è votato per il Parlamento nazionale e per il Parlamento regionale; si vota domenica e lunedì prossimi per il Sindaco e il Presidente della Provincia. Non si voterà più a Catania per i prossimi cinque anni, tranne per le elezioni europee che, però, non hanno una ricaduta immediata sul territorio. Immagini un’amministrazione seria, guidata da una persona seria, quale io mi considero, e che abbia collaboratori seri, quante cosa potrà fare a Catania anche nel campo della ricerca, della formazione, della valorizzazione dei propri cervelli».
 
A livello culturale Catania era molto più attiva prima. Adesso le iniziative sono poche e per lo più private, cosa prevede il suo programma a riguardo?
«Non mi scandalizzo se i privati organizzano iniziative culturali. Voglio dire che Catania che era considerata la Milano del sud dal punto di vista economico ed era il collegamento culturale della Sicilia, a poco a poco però è andata degradando. Adesso deve tornare ad esserlo. Ad esempio, il teatro è catanese, Catania ha avuto negli anni il maggior numero di abbonati a teatro in relazione alle altre grandi città: dobbiamo tornare ad essere la città della cultura. Al castello Ursino ci sono diciassettemila pezzi d’arte abbandonati nei magazzini. Spero di poter avere contare su un grande nome per l’assessorato alla cultura che mi permetta di riportare il turismo a Catania anche attraverso la valorizzazione dei beni culturali e museali».
 
Le piace il lavoro che aveva cominciato a fare l’assessore Silvana Grasso?
«Brava l’assessore Grasso, brava».
 
Esame di catanesità. Qual è la sua bibita preferita al chiosco?
«Il selz limone e sale».
 
Conosce la formazione del Catania di quest’anno? O almeno può dirci il nome di qualche giocatore?
«No, no. Non sono bravo. Per questo non sono bravo, vedrò di prendere qualche lezione. Comunque il Catania è rimasto in serie A, meglio così».
 
Forse tifa per qualche altra squadra, magari di un altro sport?
«No, obiettivamente non sono un tifoso, solo per l’Italia e infatti mi dispiace che abbia perso 3 a zero contro l’Olanda».


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