“Sex and the city” o “Love and the city”?

Dopo anni di trepidante attesa finalmente “le ragazze sono tornate”. E, per la gioia delle fan, lo fanno in un “megapubblicizzato” lungometraggio che si preannuncia come la tanto attesa conclusione che aspettavamo da quattro anni.

Infatti, proprio quattro anni fa avevamo lasciato le nostre ragazze alle prese con le loro carriere avviate e loro tanto sudate relazioni stabili: Miranda (Cynthia Nixon) si trasferisce a Brooklyn per amore del figlio e del marito Steve, Charlotte (Kristin Davis) trova finalmente il principe azzurro ed è in attesa di adottare una bimba, Samantha (Kim Cattral) che si converte alla monogamia per il baby-fidanzato Smith e si trasferisce ad Hollywood e Carrie (Sarah Jessica Parker), dopo infinite peripezie e tentativi falliti con altri uomini, torna tra le braccia del suo Mr. Big. E vissero tutti felici e contenti? Pare proprio di no…
Dopo un breve riassunto facente parte dei titoli di testa per lo spettatore ignaro, il film riprende esattamente quattro anni dopo. La situazione è rimasta pressoché identica e Carrie adesso è una scrittrice di successo e vive felice e contenta con Mr. Big (che in realtà risponde al nome di John James Preston).

Ma che film sarebbe senza gli inaspettati colpi di scena? Nella vita quasi perfetta delle nostre quattro protagoniste iniziano a farsi sentire i problemi della vita di coppia, e se per Miranda sono la routine e l’inevitabile tradimento da parte del marito insoddisfatto, per Samantha è l’impossibilità di avere una relazione monogama (incentivata dalla presenza del “molto dotato” vicino di casa Dante), per Charlotte è lo scoprire, dopo aver definitivamente perso le speranze di poter avere un figlio, di essere incinta.
Per Carrie i problemi nascono quando un poco convinto Mr. Big le chiede di sposarlo: dopo aver organizzato un matrimonio a 5 stelle, con tanto di abito griffato e piume in testa, il promesso sposo terrorizzato non si presenta, piantandola in asso davanti all’altare.
Da qui il tipico melodramma che ne segue fatto di lacrime, disperazione, tentativi di riprendersi la propria vita aiutata dalle amiche sempre fedeli… insomma, per tutta la durata del film una domanda attanaglia lo spettatore: l’amore trionferà? Ed infatti è proprio l’amore il tema centrale del film.

Ma allora “sex and the city” o “love and the city”? Di sex, tranne qualche scena abbastanza esplicita, il film ha davvero poco.
Le splendide trentenni protagoniste della serie tv, spregiudicate e alla moda, che passano da un party all’altro e da un letto all’altro, cedono il posto alle quarantenni tramutate in donne ordinarie con il bisogno di stabilità e di crearsi una famiglia, alla continua ricerca dell’amore. Cosa per altro più che legittima nella vita reale, ma che sminuisce inevitabilmente il fascino che per anni le nostre quattro eroine hanno esercitato sulle fan, rendendo il tutto eccessivamente banale.
Nonostante questo freno alla base, il film tenta di ricreare l’atmosfera divertente degli episodi del serial, anche se non sempre ci riesce: i dialoghi, per quanto brillanti, nella maggior parte dei casi non reggono il paragone con le battute ironiche le conversazioni senza peli sulla lingua caratteristiche dei pranzi tra amiche che hanno reso celebre la serie tv.
Inoltre non solo il “sex” anche la “city” (New York) perde il suo ruolo di protagonista, limitandosi a fare da sfondo, alternandosi a Los Angeles.
Quinta protagonista indiscussa rimane la moda, che da sempre ha fatto di “Sex and the City” vetrina mondiale di abiti alla moda supergriffati e accessori di lusso, anche se nella versione cinematografica risulta particolarmente esasperata ed un pizzico esagerata.

Ottime come al solito le prove delle attrici, in particolar modo la divertentissima Kim Cattral e la straordinaria Sarah Jessica Parker, dirette dal già regista e sceneggiatore della serie tv Michael Patrick King.

Esagerata anche nella durata (2 ore e 25 minuti), la pellicola risulta deludente al pubblico dei profani alla ricerca di un film divertente e ancor di più a quello degli appassionati che sicuramente non avrebbero mai voluto vedere la tanto attesa “ultima puntata del loro serial preferito” e le loro icone di femminilità poliedrica e moderna scadere nello stereotipo e nel luogo comune.


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