“Chi l’avrebbe mai detto? Io in tv!?!” / 2

Arriva il momento di cambiarsi per la trasmissione. Nulla di viola e nulla d’arancione, quindi metto una maglia nera ed esco dalla stanzetta, adibita a spogliatoio, dove tutti i concorrenti a turno devono cambiarsi. Non dico un camerino a testa, ma almeno un luogo più comodo…mah! Esco fuori e la donna mi guarda, guarda le altre concorrenti donne e mi dice che non posso anche io vestire di nero perché troppi colori scuri spingono il pubblico a cambiare canale. Le altre fanno orecchie da mercante, io rientro nella stanzetta-spogliatoio arrangiato e metto su un maglione verde. Riesco e la donna sorride “Sei fantastica! Tu sì che capisci come vanno le cose qui!”, perplessa e rassegnata la seguo lungo le scale che conducono al secondo piano.

 

Ci sono i camerini dei VIP rigorosamente chiusi e poi le stanze per il trucco e quelle per il ‘parrucco’. Di cinque truccatori (che lavorano per la RAI), solo due sono autorizzati a truccare i concorrenti e lo stesso per i parrucchieri. Quando chiedo alla parrucchiera (che lavora per la RAI) se può alzarmi i capelli e farmi una coda, mi risponde che devo chiedere alla supervisor (che lavora per la RAI), quest’ultima mi dice che non posso perché sembrerebbe troppo un’acconciatura da sera, fuori contesto. Mi rimetto alla fantasia della parrucchiera. Finalmente ho capito perché se vedi un personaggio televisivo senza trucco ti fa paura. Quando hanno terminato il lavoro, sembro una statua di cera, un dito di trucco sul viso e i capelli come di plastica.

Mentre torniamo alla saletta la redattrice mi dice “Mi raccomando, ‘L’eredità’ è un gioco spietato per questo piace, quando punti il dito contro l’avversario non dire ‘Mi dispiace’ nè ‘Non vorrei ma scelgo…’ perché altrimenti sembra troppo ‘finto’” e a quel punto mi sono chiesta “Perché, cosa c’è di vero in tutto questo?”

 

Siamo tutti pronti. Possiamo accedere allo studio. Dietro un’enorme porta scorrevole rossa, ci sono le quinte dove veniamo microfonati. Poi ti lanciano dentro l’arena come i gladiatori e l’unica cosa che puoi fare è guardarti intorno confuso dalle luci accecanti e dai suoni che devono essere testati. Lo studio è circolare: nel cerchio più esterno due file di pubblico (pensionati dall’Abbruzzo con due ore di fila alle spalle per entrare), in mezzo i concorrenti e al centro il mattatore-presentatore. Quando il pubblico è sistemato a dovere, evitando che rimangano spazi vuoti, l’assistente di studio (che lavora per la RAI) fa provare gli applausi. A noi concorrenti viene detto di parlare a voce alta perché aiuta a tenersi su. Poi inizia un’attesa snervante e lì dentro potrebbe essere mattina, pomeriggio, sera o notte e tu non sapresti dirlo. Nessun contatto con la realtà, sei come Alice persa nel Paese delle Meraviglie.

 

Alle 16.00 circa entra Carlo Conti che cordialmente stringe la mano a tutti noi concorrenti e ci incoraggia: “Fai come se fossi a casa tua e divertiti”. In quel momento riesco solo a sorridere e applaudire. Al seguito di Conti, le ‘professoressine’, quattro pseudo-soubrette che hanno bisogno di ripetere la scena due, tre volte anche se si tratta solo di leggere sul cartoncino. Probabilmente è una trasmissione registrata per questo o per le apparecchiature di gioco (monitor, tavolo delle domande, leggio del presentatore) che non sempre funzionano e per il fatto che un professionista non può passare per dilettante davanti a milioni di persone.

 

Dall’inizio della registrazione tutto è stato talmente veloce e inesorabile che non vedevo l’ora che finisse. Troppa tensione e troppa stanchezza (in piedi dalle 4.00 del mattino).

Il mio ‘momento di celebrità’  è finito dopo una decina di minuti. Mi è bastato.

Poi mi hanno condotto alla stanzina dove ho dovuto attendere la fine della registrazione (circa un’ora e mezza) perché in caso di problemi avremmo dovuto ripetere. Finito tutto, ho salutato cordialmente i miei compagni d’avventura e mentre il campione e i nuovi concorrenti si preparavano a registrare la seconda puntata, io uscivo dal retro accompagnata dall’impiegato, che mi aveva introdotto in quel ‘mondo magico’, per raggiungere l’albergo (pagato da Magnolia tv).

 

Dopo questa mia esperienza, torno a casa con un pizzico d’amarezza e delusione per essermi fatta un’idea troppo dettagliata di cosa vuol dire fare un programma tv. Da oggi in poi non mi fregano più, non mi attraggono più: i loro trucchi li conosco bene. Il ‘magico mondo’ ha perso la sua magia. È solo un lavoro come un altro, ma tra fare la marionetta-personaggio tv e il burattinaio-autore, io scelgo la seconda.


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