Tutto cambia cambiando una vocale…

Avete mai provato a cercare la parola “giornaliste” su google? Se non l’avete mai fatto vi diamo una piccola anticipazione su una ricerca tanto illuminante quanto sconvolgente che consigliamo a tutti – donne e uomini – di fare.

Digitando “giornaliste”, i primi siti italiani che compaiono, invece che occuparsi del mestiere del giornalista, riportano classifiche sulle donne giornaliste più belle e sexy della tv, mostrandone video, fotografie e notizie di gossip. In pole position c’è addirittura un sito in cui compare la foto di una bella ragazza in bikini che pubblicizza una “Guida alla seduzione: tantissimi consigli e strategie sempre nuove per ogni tipo di situazione”. E sarebbe interessante sapere cosa si intenda per “ogni tipo di situazione”. O altrimenti: “Contribuenti.it seleziona sull’intero territorio nazionale giovani professioniste giornaliste per la propria testata. Richiesta altezza minima 1,70 m., bella presenza. Inviare book fotografico”. Book fotografico?! Per collaborare con una testata online?

 

La cosa cambia notevolmente, però, cambiando l’ultima vocale con una “i” e digitando “giornalisti” invece di “giornaliste”. In questo caso, nella prima schermata di google, compariranno i link a tutti i siti che si occupano in maniera autorevole di questa affascinante professione: il sito dell’ODG, il sito in cui vengono spiegate le vie di accesso all’Albo, gli ordini regionali, le scuole, le leggi, l’etica della professione. E poi ancora vari siti per gli aspiranti giornalisti in cui vengono spiegate teoria e tecnica della scrittura giornalistica, indirizzi utili per tentare di collaborare con i giornali, e quello dell’Istituto nazionale di Previdenza dei giornalisti italiani.

 

Il problema è che ancora oggi l’immagine della donna è spesso vittima di stereotipi, frustrata e relegata nei posti meno prestigiosi, perché noi donne abbiamo spesso la sensazione di dover dimostrare di valere almeno quanto gli uomini, impegnandoci il doppio per ottenere gli stessi risultati, per dimostrare sempre e comunque che dietro ad un bel corpo esiste anche un cervello, una grinta e una professionalità tale da permetterci di arrivare in alto.

 

Questo tema è stato al centro del convegno “Donne e giornali”, organizzato venerdì scorso dall’Università di Catania, dalla facoltà di Lingue, dal CPO dell’Associazione siciliana della stampa e dal CPO del nostro Ateneo. Tanti i temi trattati: dal difficile momento che sta attraversando il giornalismo in Italia (per i problemi con gli editori, per le proposte di abolire l’ODG, per l’appiattimento e l’omologazione delle testate nazionali che si nutrono delle agenzie di stampa), alle difficoltà che le donne devono affrontare per entrare nel mercato del lavoro in generale e, in particolare, nel mondo dell’informazione, e tutti i compromessi che sono costrette ad accettare se non vogliono perdere il loro posto di lavoro.

 

Perché se è vero, come è vero, che diventare giornalista oggi è un cammino pieno di ostacoli e tutto in salita, è altrettanto vero che, una volta ottenuto l’ambito tesserino e un contratto con una testata, non c’è certezza – almeno per una donna – di mantenere il proprio posto. E’ quanto ha sottolineato Rosa Maria Di Natale, giornalista e tesoriera Assostampa di Catania (una delle 7 donne, su 36 persone, che fanno parte dei consigli regionali dell’Assostampa) con il suo interessante intervento dal titolo “Maternità e precariato: in congedo dalla carriera?”.

 

«Essere madre e giornalista – ha affermato la Di Natale – appare ai più inconciliabile. Occupazione e famiglia, lavoro e maternità, non vanno di pari passo e spesso le donne sono costrette a dover scegliere tra le due cose, consapevoli del fatto che con la gravidanza si dovranno allontanare dal posto di lavoro e, in seguito alla nascita del figlio, i loro ritmi di vita cambieranno e non saranno più sempre a disposizione come lo erano prima. Accade spesso, soprattutto tra le giornaliste precarie, che durante la loro “naturale” assenza vengano scavalcate da qualcun altro, ed è capitato più di una volta che alcune giornaliste abbiano rinunciato all’allattamento per non togliere troppo tempo alla professione».

Recentemente il CPO, insieme alla Federazione Nazionale della Stampa, ha denunciato casi di ricatto morale subito da alcune giornaliste messe di fronte alla scelta tra lavoro e maternità. Scelte e compromessi che agli uomini non sono, ovviamente, richiesti.

 

«Il fatto più grave – ha aggiunto la prof.ssa Graziella Priulla, docente di Sociologia dei processi culturali – è che in Italia manca la consapevolezza di tutti i problemi che le donne, e non solo le giornaliste, devono affrontare per entrare e sopravvivere nel mondo del lavoro. Da un sondaggio del 2004 è emerso che solo l’8,4% degli intervistati ha individuato, tra le categorie sociali più svantaggiate, “le donne”; la cosa che mi sorprende è che la percentuale era praticamente la stessa sia tra gli uomini che tra le donne. Finché le donne non avranno piena percezione del problema e faranno lobby, la situazione non potrà cambiare in maniera radicale».


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