E Beppe trionfò in rete

È notizia di questi giorni: il Blog di Beppe Grillo è il sesto più interessante e letto al mondo secondo la classifica della rivista americana “Time”. Dunque il comico genovese ce l’ha fatta a conquistare quella rete a cui tanto deve e che sempre è stata la sua utopia comunicativa. Grillo, in uno scenario che vede nella galassia internet (fino a fine 2007) oltre duecento milioni di blog, dei quali il 37% in lingua giapponese, entra nella top 25 incassando un risultato eccezionale.
 
“Un esempio di indignazione politica che supera le barriere linguistiche”, così ha scritto “Time” come motivazione dell’inserimento di Grillo nella classifica dei bloggers internazionali. E la partecipazione attiva del comico agli ultimi anni di dibattito politico in Italia (con i tanto criticati/osannati V-Day (in 300 città italiane), con la creazione di un notevole seguito di estimatori, i “grillini”, con quella piattaforma ideologica che ha comunemente preso il nome di “Antipolitica”, con le battaglie “politically un-correct” contro, appunto, le caste del potere italiano e con, alla fine, le liste civiche alle elezioni del 2008 che hanno acquisito il suo cognome ed il suo logo) è stata sicuramente decisiva portando il suo blog www.beppegrillo.it ad essere cliccato tante migliaia di volte, grazie anche ad una puntuale newsletter che ogni giorno informa sui nuovi post di Beppe.
 
Ai primi posti della classifica di “Time” ci sono “Huffington Post” (www.huffingtonpost.com) e “Ace of spades hq” (http://lifehacker.com), blog dedicati allo sviluppo sostenibile internazionale. Ma anche TreeHugger (www.treehugger.com), dove quotidianamente vengono “girate” news ecologiche e consigli di vita in armonia con la natura.
 
Sempre dagli Stati Uniti arriva una inchiesta del New York Times che si interessa di nuovi canali di comunicazione e soprattutto del fenomeno dei bloggers. “Aprire un blog mette a rischio la propria vita?”, si domanda il quotidiano newyorkese. Il pezzo, infatti, contiene una serie di proteste da parte degli utenti che, in seguito all’eccessiva attività telematica, hanno perso drammaticamente peso o, al contrario, sono diventati obesi, sono afflitti da insonnia e stress “da monitor”. In alcuni casi estremi, per i bloggers, tenere un proprio spazio non significa solo poter scribacchiare, ogni tanto, qualche pensiero da rendere pubblico, ma piuttosto battere la concorrenza in materia di news, opinioni e spunti 24h su 24. Questo crea una vera e propria dipendenza da blog.
 
L’inchiesta del NY Times, così, ha preso spunto da alcuni casi di cronaca nera verificatisi negli Usa di recente. Quello che ha visto protagonista Russel Shaw, ad esempio. Un blogger stacanovista della Florida che a soli 60 anni è stato stroncato da un infarto mentre inseriva news tecnologiche nel suo space. Ma anche Marc Orphant e Om Malik colpiti da blocco coronario il primo ed infarto il secondo ed entrambi ritrovati al computer davanti alle schermate dei loro diari.


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