Il gioco delle tre torce

Gli abitanti di Priolo Gargallo, Melilli e Augusta da anni sopportano quel tanfo proveniente dal plumbeo cielo che a seconda del vento può arrivare anche più forte e insopportabile. Con la puzza si riesce anche convivere (tra cefalee, difficoltà di respiro, malori e bruciori agli occhi!) se si considera che quegli impianti inquinanti offrono posti di lavoro agli abitanti della zona. Ma ad un figlio che nasce malformato o al tumore che ti divora dentro non si può non reagire.

Chiudere o non chiudere gli stabilimenti? Fino ad oggi al ricatto di tenerli aperti per salvaguardare gli stipendi dei lavoratori che al loro interno operano, lo Stato (la Regione Sicilia?) ha tenuto bassa la testa e ha ingoiato l’amaro boccone.

Mentre il vento insalubre si porta via l’amletica domanda posta poc’anzi, Step1 vi racconta per sommi capi quello che accade solitamente negli impianti e nelle zone limitrofe.

Innanzitutto l’inquinamento è a onor del vero oggetto di frequenti monitoraggi da parte di svariati enti territoriali: A.R.P.A. e Protezione Civile, nonché Prefettura, Comando dei Vigili del Fuoco, Provincia Regionale e A.U.S.L. di Siracusa.

Alla radice del problema c’è sostanzialmente il fatto che buona parte degli episodi di inquinamento atmosferico, sono dovuti a “normali incidenti tecnici agli impianti”, che non sono oggetto di sanzioni. Nello specifico sono le “torce”, le responsabili dell’inquinamento. Questi camini presentano una fiamma al loro culmine e costituiscono le bocche di sicurezza che, in caso di incidenti o problemi agli impianti, si attivano automaticamente per ovviare ad incidenti più gravi (es. un’esplosione). Trattandosi di sistemi di sicurezza, non esistono parametri a cui le torce devono attenersi. Paradossalmente, inoltre, sostanze che nell’aria risulterebbero dannose, vengono bruciate e rese innocue proprio attraverso la loro bruciatura in torcia.

Accade spesso che la popolazione lamenti odori nauseabondi e lo comunichi alle autorità. Pur volendo intervenire tempestivamente, gli enti preposti al controllo, durante i loro sopralluoghi, non riescono quasi mai ad identificare la provenienza delle sostanze inquinanti, né tanto meno la loro completa composizione chimica, perché trattandosi di fumi e componenti aeriformi si disperdono in pochi istanti in atmosfera. Anche le stesse appariscenti fiammate si risolvono in pochi minuti.

Comando dei Vigili Urbani e Protezione Civile di Priolo sono sempre all’erta: svariati i sopraluoghi settimanali e puntuali le relazioni sull’accaduto agli enti preposti. I controlli però risultano spesso inadeguati rispetto alla complessità della zona industriale ed alla problematica dei microinquinanti organici.

Gli incidenti a cui i cittadini di Priolo assistono o di cui avvertono le conseguenze sono tantissimi e di vario genere: rumori, fumi, esplosioni, folate di odori molesti, ecc… Gli allarmi si contano a centinaia solo nel giro di un paio di mesi. Allarmi che per disposizione del Prefetto di Siracusa devono essere autodenunciati dagli stessi stabilimenti.

Tra gli incidenti che possono verificarsi in un impianto petrolifero ci sono: perdite di acidi che venendo accidentalmente a contatto con altri acidi emanano in atmosfera sostanze caratterizzate da odori nauseabondi; miasmi all’odore di cipolla; sfiaccolamenti di idrocarburi (etilene, propilene e butani) in torcia; fumosità nerastre dovute a lavori di manutenzione; inquinamento notturno; piccoli incendi negli stabilimenti; perdite dai tetti dei serbatoi; fumi anomali che non lasciano traccia nei sistemi di rivelamento; copiose fumosità dovute al temporaneo malfunzionamento di regolatrici dei vapori delle torce.

Diverse altresì le difficoltà che ostacolano la risoluzione del problema, dovute innanzitutto all’attuale normativa, poco restrittiva e troppo permissiva: mancano norme dettagliate che possano essere applicate al caso in questione.

Proprio per l’assenza di un’adeguata normativa, il 18 novembre 1993, l’Assessorato del Territorio ed Ambiente della Regione Siciliana ha emesso un Decreto Assessoriale (per i più curiosi è il n.888/1993), con il quale sono state approvate le norme di comportamento che le stesse aziende presenti nella zona, si sono autoregolate con procedure di intervento in caso di preallarmi, allarmi ed interventi di emergenza.

Il 9 agosto 2005, la Prefettura di Siracusa ha sottoscritto un Protocollo d’Intesa per la rilevazione ed il contrasto dei fenomeni di inquinamento atmosferico nell’area a rischio di crisi ambientale di Siracusa, Priolo, Melilli, Augusta, Floridia e Solarino, con i comuni di Augusta, Melilli e Priolo, Provincia Regionale di Siracusa, A.R.P.A Siracusa, Comando Provinciale dei VV.FF. di Siracusa, A.S.L. 8 di Siracusa, Associazione Provinciale degli Industriali di Siracusa, Associazione APISIRACUSA, CIPA Siracusa, ENEL Produzione Palermo e con vari Sindacati Provinciali di Siracusa. Nel documento che ne è venuto fuori si è stabilito un programma di lavoro, nonché l’istituzione di un gruppo tecnico presso il Palazzo del Governo di Siracusa.

La posizione geografica di Priolo poi non aiuta di certo: l’abitato viene investito spesso dalle sgradite masse aeriformi a causa dell’ubicazione della zona industriale, in linea per i venti che spirano da N-NE-E e da S-SE.

L’aspetto più importante da prendere seriamente in esame è la sistematicità degli incidenti con relativi sfiaccolamenti e combustioni, le cui emissioni vanno a sommarsi a quelli degli altri impianti industriali esistenti. A tal proposito sarebbe necessario disporre, nei centri abitati interessati, sistemi di monitoraggio in tempo reale.

La rete esistente andrebbe adeguata attraverso l’aumento del numero di centraline, per poter meglio stringere la maglia di rilevamento, utile a risalire in tempi utili all’azienda che inquina.

Attualmente la rete di interconnessione di rilevamento della qualità dell’aria è gestita da più organi: Provincia Regionale di Siracusa, Consorzio Industriale per la Protezione dell’Ambiente ed Enel, per un totale di 29 centraline, sparse sul territorio. (A titolo di cronaca si segnala che il consorzio CIPA è per statuto formato dai rappresentanti dei maggiori stabilimenti industriali in loco e sostenuto finanziariamente dagli stessi.)

Se poi consideriamo il fatto che la maggior parte dei controlli vengono eseguiti solo a seguito di denunce e lamentele della popolazione, va da sé che l’inquinamento atmosferico della zona è certamente superiore a quello stimato, poiché i venti in direzione mare spostano il fenomeno, che pur restando inavvertito, produce comunque degli inquinanti in atmosfera.

Ultimo ma non meno importante spunto di analisi è che il sistema torce di emergenza è gestito da una sola società, ma viene utilizzato in comune con altre società. Diventa veramente difficile, pertanto, accertare subito la società che ha provocato l’emissione in atmosfera. Inoltre alcune autorizzazioni rilasciate dalla Regione Siciliana fissano i limiti di emissione riferiti a più complessi industriali costituiti da diversi impianti, senza indicare le soglie per singolo impianto.

Il mistificante gioco delle tre carte continua senza sosta: dove sta l’impianto che inquina?


Link utili per approfondire:

L’incidente alla ERGMED NORD del 30 aprile 2006

Rete interconnessa controllo qualità aria


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