Gela, scoperte 195 tonnellate di rifiuti industriali Intanto continua protesta degli operai dell’indotto

Mentre le bonifiche segnano il passo e la riconversione della raffineria appare sempre più un miraggio, il perimetro industriale dell’ex stabilimento petrolchimico continua a regalare brutte sorprese. È notizia di ieri la scoperta, da parte della Capitaneria di Porto di Gela, dell’esistenza di 70 sacchi di rifiuti industriali non dichiarati contenenti scarti riconducibili a scavo di asfalto, residui di zolfo, scarti di tubazione e di condotta fognaria misto a terra. In totale circa 195 tonnellate di rifiuti industriali. 

Il personale del nucleo operativo della polizia ambientale, coordinato dalla direzione marittima di Palermo e coadiuvati da personale del libero consorzio di Caltanissetta e dell’Arpa Sicilia – su apposita delega d’indagine della locale Procura della Repubblica -, stava effettuando un sopralluogo presso il parco serbatoi dell’Isola 9 gestita dalla Syndial (la consociata di Eni che si occupa di risanamento ambientale e gestione dei rifiuti), per verificare le operazioni di messa in sicurezza del luogo. 

Solo a quel punto, in un sito adiacente e sempre di proprietà del cane a sei zampe, i militari hanno trovato il cumulo di rifiuti, depositati da una ditta dell’indotto che si era aggiudicata una commessa da parte della Raffineria di Gela, per il rifacimento di un tratto di strada sovrastante una vasca. Per il responsabile delle attività Opere Generali della Raffineria è scattata una sanzione di 6500 euro e l‘obbligo della messa in sicurezza, bonifica, ripristino dello stato dei luoghi e corretto smaltimento dei rifiuti attraverso una ditta autorizzata.

E intanto anche oggi proseguono le proteste da parte dei lavoratori della Turco Costruzioni, la ditta dell’indotto che si occupa di anni dell’edilizia all’interno del perimetro industriale. La società già da mesi era in ritardo con gli stipendi e adesso – per via del Durc irregolare (il Documento Unico di Regolarità Contributiva) –  ha le commesse sospese da parte di Eni. In una nota i sindacati confederali sottolineano che «la Turco Costruzioni solo nel mondo Eni in Italia ha circa 200 dipendenti e a soffrire sono solo quelli del sito di Gela. Malgrado tanti incontri, anche in prefettura, la Turco Costruzioni ha erogato qualche acconto e nessuno dei lavoratori può entrare in raffineria per lavorare». 

Da questa mattina una parte dei 36 lavoratori che ha ricevuto nei giorni scorsi la lettera di licenziamento, e che sperano di poter essere assorbiti da qualche ditta dell’indotto che è subentrata alla Turco o di essere ricollocati in altre sedi, ha bloccato gli accessi alla zona industriale – attorno ai due centri oli che raccolgono il petrolio estratto dagli 80 impianti di perforazione sparsi lungo la piana di Gela. Provocando qualche attrito con gli operai che lavorano in quegli impianti. 

Cgil, Cisl e Uil questa volta, poi, puntano direttamente il dito contro Eni. Che secondo i confederali potrebbe assorbire i lavoratori in difficoltà, anticipando alcune opere previste nell’accordo di riconversione firmato a novembre 2014. «I sindacati ritengono assurdo che in questa fase storica – scrivono ancora – nella quale si sta ottenendo la firma e il finanziamento dell’accordo di programma da parte del governo regionale, Eni non aiuti il percorso di serenità nelle interlocuzioni. Il momento è difficile ed anche per tale assodata ragione invitiamo alla responsabilità sociale Eni e le parti datoriali, perché noi siamo consapevoli che così non si può continuare e lo diciamo da tempo con estrema trasparenza. Otteniamo il lavoro e con esso la dignità senza creare conflitti e nuove correnti di pensiero. Gela ha bisogno di consolidare la continuità lavorativa per chi ha il lavoro e pensare ai disoccupati, dalla manodopera all’alta formazione».          


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