Aeroporto, Musumeci frena su allungamento pista L’esperto: «Ragionevole». Torrisi: «Ne parliamo»

«L’aeroporto di Catania, quando toccherà quota 12 milioni, sarà al collasso. Non avrà più dove andare, perché essendo concepito nel 1924, mancano i sub sistemi di un’area non più suscettibile di ulteriori allargamenti». La spia rossa sullo sviluppo futuro di Fontanarossa viene accesa non da uno sprovveduto, ma dal presidente della Regione in persona. Intervistato oggi dal quotidiano La Sicilia, Nello Musumeci si domanda «che senso abbia spendere 280 milioni per interrare la ferrovia di Bicocca e allargare la pista, quando in sei-sette anni si può costruire un grande scalo aeroportuale nel cuore della Sicilia». A una precisa domanda dell’intervistatore, il governatore rispolvera l’idea, che per primo aveva lanciato nel 1998, di una poderosa struttura aeroportuale da costruire in contrada Gerbini, nella Piana di Catania. Aggiungendo che se ne riparlerà a breve, «quando avrò in mano alcuni studi tecnici». 

Una posizione che potrebbe sorprendere, specie se raffrontata all’entità di investimenti e progetti che balla intorno allo scalo dedicato a Vincenzo Bellini. Come il miglioramento dei collegamenti ferroviari veloci verso l’aeroporto e il sogno di lungo periodo di una pista più lunga, buona per intercettare i voli intercontinentali. Il ragionamento di Musumeci invece non spiazza gli esperti. «Giustamente il governatore si pone il problema dei limiti all’operatività dell’aeroporto – commenta a MeridioNews Giuseppe Inturri, docente di Trasporti all’università di Catania – mi pare corretto che venga identificata questa criticità e che si dica “pensiamoci bene” in vista di impegni economici importanti». Vero è che l’aeroporto etneo – arrivato da poco a superare i nove milioni di passeggeri in transito – può crescere ancora, ma tale sviluppo per limiti naturalmente presenti non potrà snodarsi in eterno. 

Il professore prova a sintetizzare: «La capacità di un aeroporto dipende da quello che accade lato terra e lato mare. Sui movimenti orari (Catania al momento movimenta 24 aerei l’ora)  ci sono ancora margini ma siamo quasi al limite, mentre dal punto di vista dello scalo passeggeri mi pare che il limite sia già stato superato tant’è che è in corso l’allargamento della stazione». A comprimere lo spazio vitale del Bellini c’è anche la vicina base militare di Sigonella. «Da lì vengono autorizzati tutti i movimenti e sicuramente incide anche l’entità del traffico militare, che noi non conosciamo – specifica Inturri – come quando volano i droni: i regolamenti prevedono che per dieci minuti il traffico aereo venga bloccato».

Poi bisogna spostarsi sull’impatto degli interventi infrastrutturali in programma. «Allungare la pista non significa solo interrare la ferrovia, ma anche spostare interamente gli impianti merci della stazione Bicocca, che da quel punto di vista è la più importante della Sicilia». Ridisegnare la mappa ferroviaria intorno a Fontanarossa avrebbe effetti diretti anche su Catania città: «Il piano waterfront prevede di interrare la stazione centrale e di spostare gli impianti di piazza Europa su Bicocca – ricorda Inturri – tutto dunque si ripercuote sulla città e andrebbe considerato nel complesso di studi approfonditi». Ecco che dunque, se si guarda al rapporto costi-benefici, le parole di Musumeci assumono ben altra valenza. «L’allungamento della pista consente sì di agganciare il traffico intercontinentale, ma questo non porterà di colpo i passeggeri a 15 milioni – aggiunge l’esperto – e va poi comunque considerato che l’aeroporto prima o poi arriverà al limite anche sul piano del rumore e degli effetti sui quartieri intorno allo scalo oppure sulla vicina Playa». 

Catania poi, secondo Inturri – dovrebbe godere di più dei benefici dell’aumento dei transiti. «Gli incrementi di oggi quasi non vedono perché non lasciano nulla alla città in termini di più occupazione o più turismo, il sospetto è che la città resti solo un passaggio obbligato e basta, sostenendo i costi del traffico senza averne benefici». L’ipotesi del nuovo scalo di Gerbini non appare più come solo una boutade: «Uno studio di fattibilità non mi sembra idea sbagliata, tenendo ben presente che un aeroporto lontano da centri urbani deve poter contare su collegamenti terresti efficientissimi. Si rischia altrimenti l’effetto Malpensa vissuto subito dopo l’apertura di quello scalo, quando ancora non c’era la ferrovia e non ci andava nessuno». Ma anche l’esperto, cambiando per un attimo prospettiva, ammette: «Fossi però il gestore dell’aeroporto tiferei per l’allungamento». 

E per Nico Torrisi, amministratore delegalto della Sac, la società a partecipazione pubblica che gestisce Fontanarossa, ciò resta «indispensabile». Il manager con radici politiche nel movimento Sicilia futura – all’opposizione ma dialogante con il centrodestra di Musumeci – non si fa trovare impreparato: «Abbiamo avuto modo di incontrarci, conosco la sua posizione e non c’è alcuna ostilità nei confronti di Fontanarossa». L’ex assessore di Crocetta si concentra sullo scenario della privatizzazione, fortemente auspicata da Musumeci nella stessa intervista: «Il percorso era già avviato, anzi quasi concluso, poi Crocetta e i commissari bloccarono il progetto di realizzazione». In ogni caso non è Torrisi a decidere: «Occorre individuare un percorso sul quale stiamo lavorando e poi proporlo ai soci che delibereranno». L’ad si spinge a ipotizzare, infine, che l’esame di alcune proposte di privatizzazione su cui si lavora al momento potrebbe avvenire, da parte dell’assemblea dei soci, «nel secondo trimestre 2018».


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