Promod chiude a Palermo e Catania, 19 licenziamenti «Molti marchi internazionali stanno lasciando la Sicilia»

Licenziamenti in vista per 19 dipendenti Promod e chiusura di tre punti vendita. In Sicilia, la crisi non lascia scampo. Il noto marchio di abbigliamento femminile, che aveva già chiuso la scorsa estate il punto vendita di via Ruggero Settimo a Palermo, adesso serrerà i battenti anche delle altre due attività palermitane di via Notarbartolo e del centro commerciale Conca d’oro e di quella catanese in via Etnea. La decisione arriva dai vertici Promod che hanno annunciato l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo in tutta Italia per 176 dipendenti con la chiusura definitiva di 37 negozi e degli uffici amministrativi di Cinisello Balsamo, nel Milanese.

L’amara disposizione, conseguenza della crisi economica internazionale che avrebbe inciso negativamente sul rendimento dell’attività, è frutto della scelta da parte della società di andare via dall’Italia. «C’è una buona percentuale di marchi internazionali – spiega Domenica Calabrò, segretaria generale Fisascat Cisl Sicilia – che lasciano la Sicilia. Bisogna capire perché, dato che è una terra che offre sgravi fiscali e una serie di opportunità per le aziende». La notizia inaspettata della chiusura totale dei punti vendita siciliani lascia profondamente amareggiata la segretaria generale che commenta: «È stato un fulmine a ciel sereno, nulla faceva presagire un simile epilogo».

Ma intanto la nuova procedura di licenziamento collettivo mette a rischio 19 posti lavoro. «Non è possibile – sottolinea – che a farne le spese siano i lavoratori, soprattutto in Sicilia dove, a differenza dei dipendenti del Nord che, pur tra mille disagi, riescono a trovare un’altra collocazione, è difficile cercare un nuovo impiego». Ad aggravare ulteriormente la situazione, ci tiene a precisare Calabrò, «subentra il fatto che le famiglie siciliane sono in maggioranza monoreddito, quindi il licenziamento di un dipendente significa la rovina economica di un intero nucleo familiare». Per questa ragione, nel corso dell’esame congiunto che sarà avviato a livello nazionale, «cercheremo di trovare soluzioni nell’interesse dei lavoratori e a tutela dei loro diritti», conclude.


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