Sanità, intervista al nuovo manager dell’Asp di Ragusa «Carenza personale? Molti cercano ospedali del Nord»

È passato poco dall’arrivo di Salvatore Lucio Ficarra alla guida dell’Asp di Ragusa. Un trasferimento, quello dall’Azienda sanitaria provinciale di Agrigento, coinciso con un periodo complicato come quello del ferragosto. Tra incontri istituzionali e studio di documenti, il nuovo manager sta cercando di capire la situazione della sanità iblea per far si che il quadro possa diventare chiaro il prima possibile e iniziare ad attuare i necessari provvedimenti. Le emergenze, inutile dirlo, sono davvero tantissime: dall’apertura del Giovanni Paolo II alle carenze ataviche del pronto soccorso di Vittoria, dalla paventata chiusura di quello di Comiso all’ennesimo rinvio dell’inaugurazione del centro di neuroriabilitazione di Scicli, fino al problema della sicurezza e allo sblocco delle assunzioni.

Ficarra ha già parlato con rappresentanti delle istituzioni, delle forze dell’ordine e anche con il vescovo. E la prima priorità sembra essere chiara. «Fare in modo che il Giovanni Paolo II possa finalmente entrare in funzione – dichiara -. Va aperto il prima possibile. L’ho già visitato e ho visto che la struttura è completa, ma che ci sono problemi importanti. Sono superabili, ma non possiamo più sbagliare nel seguire le norme. Per questo – annuncia – sono stati sostituiti alcuni tecnici e verranno integrati da altri dirigenti di questa Asp perché. Se ci sono difformità, vuol dire che chi ha seguito i lavori finora non se n’è accorto e non possiamo rimetterci nelle loro mani. Ci sono state persone che hanno sbagliato, chi e come lo stabilirà l’autorità giudiziaria – ha detto facendo riferimento all’inchiesta aperta dalla Procua di Ragusa -. Voglio avvalermi di professionisti di cui mi fido perché l’obiettivo è eliminare gli inconvenienti che, a seguito della mancata entrata in funzione, si stanno verificando al Civile e al Maria Paternò Arezzo. La gente è assistita con professionalità, ma la collocazione alberghiera non è decorosa».

Il manager fa sapere di aver seguito da lontano lo strano iter dell’apertura del nuovo nosocomio e parla di «problemi che vanno eliminati prima del nuovo trasferimento di attrezzature e pazienti dai reparti». È a questo che sta lavorando dal momento del suo insediamento. «Al momento non posso azzardare alcuna data per l’inaugurazione. Molto dipenderà – dice – da quello che scriveranno i tecnici nella relazione che ci presenteranno. Se per la messa a norma ci vorrà una cifra modesta, allora il termine sarà breve, forse anche settembre. In caso contrario i tempi si allungheranno notevolmente, perché la legge prevede procedere di gara aperte».

E se sui tempi di apertura non ci sono certezze, discorso diverso si può fare sul nome: escluso Nor, resta Giovanni Paolo II. «Sono molto rispettoso della volontà dei cittadini e sono loro che hanno espresso, molto prima del mio arrivo, la volontà di intitolare l’ospedale al papa», commenta Ficarra.

Passando alla disastrosa situazione del pronto soccorso vittoriese, il primo per accessi annui in provincia di Ragusa e quello con meno personale, il direttore generale fa sapere di non aver ancora parlato con i rappresentanti istituzionali della città, ma di aver intuito i problemi, anche strutturali, attraverso dei colloqui con il direttore sanitario Giuseppe Drago. Il problema della carenza di organico non dipenderebbe dall’Asp. «Non è che i medici non sono stati assunti da questa azienda – sottolinea – è che non ci sono specializzati, dalle Università ne esce un numero inferiore rispetto a quelli che servirebbero e in Sicilia abbiamo almeno un 40 per cento di specializzati in meno, perché preferiscono andare a lavorare nei grandi ospedali del centro e nord Italia. Ognuno sceglie le sedi più comode, e noi non abbiamo il potere di imporre al medico il presidio in cui andare a lavorare». La possibilità per le Asp è quella di assumere a tempo ma a rispondere agli avvisi pubblici sono pochi. «Ad Agrigento ho fatto 11 avvisi e ho trovato solo due medici, nei pronto soccorso la mancanza si nota ancora di più».

Tra i primi atti di Ficarra, c’è stata la revoca dello spostamento di un medico dal pronto soccorso di Vittoria a quello di Ragusa voluto dall’ex direttore generale Maurizio Aricò. «Se l’azienda manda il dottore in un presidio che non gradisce spesso lo stesso si dimette. Ha tutto il diritto di farlo – spiega -. Il medico di pronto soccorso può andare dove vuole in Sicilia, perché c’è abbondanza di posti liberi, quindi corriamo il rischio di perderlo come Asp 7 se non gli diamo la destinazione che vuole».

Il manager fa sapere di aver trovato delle soluzioni alternative alla carenza di organico, ma di avere bisogno di tempo per capire se sono attuabili in terra iblea. Una scorciatoia potrebbe essere rappresentata dalla riduzione degli accessi al pronto soccorso, per esempio istituendo strutture parallele come il pronto soccorso pediatrico-ostetrico oppure creando sbarramenti per evitare gli ingressi inappropriati, cioè quelli trattabili dal medico di medicina generale, dal Pte o dalla guardia medica.

Quanto alla paventata chiusura di Comiso, Ficarra risponde così: «Dipende tutto dalla rete ospedaliera regionale che, a sua volta, fa riferimento a direttive nazionali. Un pronto soccorso per esistere deve avere almeno 20mila accessi annui. Nessuno, comunque, sta pensando di chiuderlo senza lasciare almeno un presidio di primo intervento, per cui a Comiso rimarrà comunque una struttura di emergenza».

Dovrebbe aprire, invece, tra il 20 settembre e il 10 ottobre il centro di neuroriabilitazione di Scicli. La sua inaugurazione è stata annunciata in pompa magna nel corso di molteplici passerelle politiche, ma la struttura, che sarà gestita dall’ Irccs Bonino Pulejo di Messina, è ancora chiusa. Secondo il manager anche questo problema è, in primis, subordinato alla mancanza di personale. «Ho trovato l’ASP di Ragusa con forti carenze per quanto riguarda il tempo determinato. La spesa permessa è di circa sette milioni e mezzo annui, ma mi è stato riferito che si aggira, invece, sui 30 – rivela Ficarra -. Se questo si rivelerà vero, avrò l’obbligo di tagliare la spesa per ricondurla nei parametri previsti e di utilizzare la differenza per assumere personale. Partite le stabilizzazioni, piano piano il numero degli operatori con contratto a tempo determinato andrà assottigliandosi finché sarà possibile assumere personale nuovo da destinare alle strutture nuove».

Le assunzioni, intanto, sono partite. Sono già stati inviati i primi telegrammi a circa 80 infermieri, attingendo alle graduatorie dell’ultimo concorso espletato. Spediti anche i telegrammi per l’acquisizione di disponibilità all’assunzione da parte di dirigenti medici, attingendo dalla graduatoria esistente, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. I posti vacanti in questo caso sono sette.

«Prioritariamente si useranno le vecchie graduatorie ancora valide, poi si dovrà fare la stabilizzazione del personale a tempo determinato, finite queste si passerà alle mobilità e infine ai concorsi pubblici – spiega Ficarra -. Se non sappiamo quanti accettano, non possiamo sapere quanti posti servono e quanti concorsi indire. In ogni caso – tiene a sottolineare – il piano delle assunzioni è triennale, quindi parliamo di un arco temporale che si chiuderà nel 2019».

Ultimo, ma non certo per importanza, il punto relativo alle preoccupazioni per le aggressioni crescenti, sfociate in un senso di sicurezza quasi assente: «Negli ospedali maggiori è possibile ricorrere a servizi esterni, ma il costo si aggira sui 250 euro al giorno per unità quindi dobbiamo vedere se ce lo possiamo permettere. A Ragusa c’è un servizio di metronotte che sarà spostato al Giovanni Paolo II non appena aprirà e valuterò – assicura Ficarra – se sia possibile trovare una soluzione mediante il piano regionale per la messa a norma delle guardie mediche che prevede sistemi di videosorveglianza».

Infine, un messaggio alla collettività: «Sono stato chiamato a guidare una sanità provinciale e il mio intento è che tutti i comuni abbiano pari dignità. Questo però non significa che tutti devono avere gli stessi servizi ma che – conclude – devono essere diversificati».


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