Attentato Barcellona, la voce dei siciliani che ci vivono «Sorpreso, ma rimango: è una città matura e tollerante»

È la sorpresa il sentimento principale manifestato da diversi siciliani che Barcellona, città spagnola colpita ieri da un attentato terroristico, l’hanno scelta per viverci. Uno stato d’animo che in queste ore cede il posto alla ragione, ma non alla paura. In Catalogna, intanto, la macchina della polizia e dei soccorsi è ancora in pieno fermento: dalle ricerche del 17enne Moussa Oukabir che, secondo le autorità spagnole, ha travolto con un furgone oltre cento persone sulla Rambla, uccidendone 14, alla polizia catalana che indaga sulla correlazione tra l’attentato e i fatti della scorsa notte a Cambrils – dove sono stati uccisi cinque presunti terroristi – e prima ancora ad Alcanar, con l’esplosione dentro a un’abitazione in cui è stata trovata una dozzina di bombole di gas.

Tra i tanti stranieri che in queste settimane hanno raggiunto una delle città più amate d’Europa per turismo, ci sono anche tanti siciliani che ne hanno fatto una casa. Fino a ieri raccontano di non avere mai preso in considerazione la possibilità di diventare l’obiettivo del radicalismo di matrice islamista. Ma il pensiero di andare via non li sfiora nemmeno. «Non me lo aspettavo affatto – commenta Paolo, 35enne originario di Aci Catena, che da anni vive a Barcellona -. La Spagna è un paese poco impegnato nelle dinamiche geopolitiche orientali e Barcellona una città con un alto livello di integrazione. Nulla a che vedere con Parigi o Bruxelles». La realtà odierna però racconta una storia diversa. «Posso solo pensare che si voglia espandere il terrorismo in nazioni meno esposte in modo da avere più risalto a livello mediatico», ipotizza l’uomo, che ieri si trovava lontano dal luogo dell’attentato. 

«Ero al lavoro e ho scoperto quanto era successo dal quotidiano Repubblica – continua -. Quando sono uscito ho preferito tornare a casa con l’autobus, perché immaginavo che la metro potesse essere chiusa». Su come reagirà la città, il 35enne ha pochi dubbi. «Credo che assorbirà la tragedia rapidamente. Barcellona mi ha sempre dato l’impressione di una città matura, con pochissima intolleranza». La riflessione vale anche sullo stato d’animo personale. «Se ho paura? Vivo in una grande metropoli e so di essere più esposto rispetto ad altre aree, però non mi sento più insicuro. Semmai acquisisco una nuova consapevolezza».

Chi invece avrebbe percorso la Rambla da lì a poco è Giuseppe, 42enne originario di Caltanissetta che lavora nel settore dei servizi turistici. «Sono qui da due anni, ma in passato avevo già vissuto a Barcellona – racconta -. Ogni sera per tornare a casa attraverso quella strada. Che fosse accaduto qualcosa lo abbiamo subito sospettato, la notizia è subito circolata sui social network». L’uomo avrebbe dovuto lasciare l’ufficio, ma l’azienda ha chiesto al personale di rimanere all’interno dei locali. «Lo prevede il protocollo di sicurezza – prosegue -. Siamo rimasti dentro fino alle 20. Per tornare a casa ho fatto un percorso diverso, perché la polizia bloccava ogni accesso alla Rambla. C’erano persone impaurite in giro, molta confusione. Credo che molti fossero rimasti bloccati avendo gli hotel proprio in quella zona». Perché in questi giorni a Barcellona era in programma la Festa major de Gracia, evento che attira migliaia di persone. «Sarebbe potuto essere un obiettivo ancora più importante per un attentato, perché c’era di certo più gente in quella zona», conclude Giuseppe. 

«Noi fortunatamente non ci trovavamo nel pieno della Rambla o della Boqueria, dunque fortunatamente non abbiamo vissuto l’attacco. Eravamo a 150 metri da lì». A parlare è Alessia, palermitana che ieri si trovava insieme al partner a ridosso del luogo dove il furgone ha falciato i turisti. «Abbiamo solo visto tantissime volanti e ambulanze, ci sono arrivate delle telefonate e abbiamo capito quello che stava succedendo. Siamo andati in fretta verso l’hotel», conclude la donna.


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