Messina, stop a servizio rifiuti alla società comunale «Operai diventerebbero dipendenti senza concorso»

«Il contratto di servizio avrebbe dovuto essere un atto dovuto da parte del consiglio e non un caso politico. Nei fatti invece si è rivelato un cappio stretto al collo dei messinesi». Non va per il sottile Beniamino Ginatempo, amministratore unico di Messina servizi bene comune, la società in house providing che dopo il voto di lunedì è rimasta una scatola vuota. Il consiglio comunale del capoluogo peloritano dopo otto sedute – andate a vuoto, perché è stato sistematicamente fatto cadere il numero legale – in seconda convocazione ha infatti respinto la delibera di affidamento del servizio di gestione dei rifiuti alla società. 

Sembrava essere un passo quasi scontato dopo l’approvazione del piano Aro, il 29 giugno dello scorso anno, e la scelta di quattro mesi fa di costituire la società in house. Ma così non è stato. Il primo a chiedere spiegazioni ai consiglieri è Ginatempo che ha deciso di rompere il proprio silenzio con una lettera aperta. «Bisognerebbe chiedersi perché il consiglio lo abbia fatto – chiede – e lo ha fatto dopo due mesi e mezzo dalla costituzione di società, considerato anche il fatto che Messina servizi bene comune spa ha avuto, ha e continuerà, fino alla sua liquidazione, ad avere dei costi a carico dei contribuenti». 

Il rischio che si configuri il danno erariale, d’altronde, non è un’ipotesi poi così remota. Dalla sua nascita sono stati spesi già centomila euro perché è stato nominato un amministratore, oltre che un collegio sindacale e una società di revisione. Denaro che alla luce del voto di lunedì poteva essere risparmiato. A lavorare per evitare una prospettiva del genere sono è la giunta Accorinti. Come detto dall’assessore Daniele Ialacqua, subito dopo che la delibera è stata respinta, è pronto a riproporla, dando la possibilità ai consiglieri di ripresentare tutti gli emendamenti che riterranno opportuni. Tutto purché si eviti di arrivare al 30 giugno con un nulla di fatto. 

A fine mese, infatti, scadrà infatti l’ultima proroga concedibile a Messinambiente per la raccolta rifiuti e il rischio che ci si ritrovi sommersi dall’immondizia è concreto. Ecco perché il commissario liquidatore della partecipata di via Dogali, Giovanni Calabrò, è andato dalla prefetta Francesca Ferrandino per mettere nero su bianco quanto fatto da lui e quanto non fatto dagli altri. «Ciascuno deve prendersi le proprie responsabilità», ha dichiarato. 

E a chi invece accusa i consiglieri di non voler accollarsi alcun rischio, la risposta data dai diretti interessati è che non c’è stato il giusto tempo per esaminare la delibera e i dubbi sulla legittimità del passaggio dei lavoratori da Messinambiente alla nuova società, che da privata diventerebbe pubblica, facendo diventare impiegati statali i lavoratori senza alcun concorso. A essere stato contestato è stato anche il passaggio dalla vecchia alla nuova società, lasciando i debiti nella prima. Su Messinambiente, peraltro, pende un processo alla sezione fallimentare del tribunale ed è in fase di definizione un concordato. La partecipata aspetta che il Comune trasferisca i 30 milioni di euro necessari per chiudere la questione. C’è tempo fino al 2 luglio.


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