Eni ancora a caccia di petrolio con le cariche esplosive M5s: «Area di 1.500 chilometri, interessati 12 Comuni»

Eni non dimentica la Sicilia, ma è polemica sul nuovo progetto presentato al Ministero dell’Ambiente per l’esplorazione e la ricerca di petrolio e gas e che riguarda i territori di tre province – Caltanissetta, Catania ed Enna – e 12 Comuni – Gela, Mineo, Ramacca, San Michele di Ganzaria, Mazzarino, Aidone, Mirabella Imbaccari, Piazza Armerina, Caltagirone, Grammichele, Niscemi, San Cono

A lanciare l’allarme è il gelese Giuseppe Lo Monaco, assistente parlamentare dell’eurodeputato M5s Ignazio Corrao. Preoccupa non tanto, o almeno, non solo la vastità dei territori coinvolti – oltre 1500 chilometri quadrati – ma l’utilizzo di cariche esplosive con fori fino a 30 metri attraverso ordigni di dinamite pesanti fino a 10 chilogrammi. Un’area tra l’altro dove esistono vincoli idrogeologici, riserve naturali, siti di interesse comunitario, zone protette: dalla Sughereta di Niscemi al Biviere di Gela, dal Bosco di Santo Pietro al Lago Ogliastro

Il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle in Assemblea regionale siciliana ha già annunciato che lunedì depositerà in commissione Ambiente una richiesta di audizione urgente per convocare i vertici Eni e il governo regionale. «Quanto scoperto è un fatto gravissimo ed inquietante – spiegano i deputati M5S all’Ars – sia perché la Regione siciliana pare abbia avallato tale scempio senza dir nulla, sia perché tali ricerche potrebbero produrre terremoti in un territorio che rimpiange lo sviluppo agricolo, turistico e culturale negato dagli affaristi e dai sindacalisti del petrolio». Una tesi, quella del sisma prodotto dalla ricerca di idrocarburi, su cui tuttavia non esistono ancora certezze nella comunità scientifica. 

Sul progetto, avviato l’8 maggio, è possibile presentare osservazioni fino al 7 luglio. A gennaio 2017 il cane a sei zampe ha pubblicato una sintesi non tecnica (così come prevede la normativa) «per consentirne un’agevole comprensione da parte del pubblico» Dal canto proprio Eni ribadisce, nel documento lungo 77 pagine, che l’acquisizione sismica (che genera artificialmente delle onde elastiche, necessarie a dare un primo segnale della presenza nel sottosuolo di eventuali presenze idrocarburiche) «verrà principalmente eseguita tramite utilizzo di vibroseis» (vibrazioni attraverso mezzi pesanti) e che «potrebbe essere integrata con la tecnica che prevede l’utilizzo dell’esplosivo» per un residuo 20 per cento.

«Non siamo stati informati – commenta il sindaco di Niscemi Francesco La Rosa – e io dico che prima di qualsiasi progetto che interessa un territorio si deve consultare la popolazione che lo abita. Noi come Comune abbiamo poi un contenzioso aperto con l’Eni, perchè già l’Istituto superiore di Sanità ha stabilito che l’inquinamento ambientale che c’è a Niscemi viene in parte dall’ex stabilimento petrolchimico di Gela». E alla possibilità di presentare eventuali osservazioni sul sito del ministero dell’Ambiente, La Rosa spiega che «proprio a quel ministero ho chiesto un eventuale risarcimento per il territorio, e ancora non ho ricevuto risposta».


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