Ong, la freelance che ha lavorato sulla nave di Moas «Di Maio e Salvini dovrebbero assistere ai soccorsi»

«Di Maio parla di ridicola indignazione? A lui e a Salvini suggerirei di fare un viaggio sulle navi che salvano i migranti». La questione dei presunti rapporti tra alcune delle organizzazioni non governative impegnate nel Mediterraneo e i trafficanti libici continua a fare discutere. A entrare nel dibattito nato in seguito alle parole del procuratore capo di Catania, Carmelo Zuccaro, presto sposate dai partiti – su tutti Lega Nord e Movimento 5 stelle – che sospettano che quello dei migranti possa essere un business ancora prima di mettere piede in Italia, è anche chi ha avuto modo di vedere da vicino i soccorsi pur non facendo parte di alcuna Ong.

È il caso di Yara Nardi, freelance romana, che l’anno scorso ha trascorso diverso tempo a bordo della Topaz Responder, una delle due navi della maltese Moas, una delle organizzazioni più discusse in queste settimane. «Tra agosto e ottobre del 2016 ho preso parte a due missioni diverse – racconta a MeridioNews -. Un’esperienza che hanno fatto anche molti altri colleghi, visto che le navi accolgono spesso giornalisti, sia italiani che stranieri». 

Tre settimane nel corso delle quali l’imbarcazione ha salvato oltre mille persone. «Credo di potere dire di avere visto bene come lavora l’equipaggio», spiega Nardi. Che prima di partire ha conosciuto anche Regina Catrambone, la donna che insieme al marito ha fondato Moas. «L’ho incontrata a Malta. Ci siamo scambiate poche parole, perlopiù mi ha descritto la missione», continua. Nel periodo in cui è stata a bordo, la donna è sicura di non avere notato stranezze nella gestione degli interventi. «Confermo, così come hanno detto in molti in questi giorni, che ogni soccorso veniva coordinato dalla guardia costiera di Roma – assicura la freelance -. E questo valeva anche nei casi in cui l’avvistamento veniva fatto dal personale della Topaz Responder». Ciò non toglie, però, che quando il pericolo è imminente il primo pensiero va a chi rischia la vita. «Le persone vengono prima della burocrazia, la legge del mare prima di tutte le altre», sottolinea. 

La freelance fa poi chiarezza anche sulla scelta dei porti in cui sbarcare – «è sempre stata la centrale operativa a darci indicazioni» – ma soprattutto sulla possibilità che fossero gli stessi migranti, o peggio ancora gli scafisti, a informare telefonicamente la Ong della messa in mare di gommoni e barconi. «Non è mai successo», assicura Nardi. Discorso simile per quanto riguarda la presenza di moto d’acqua con sopra i trafficanti a fare da scorta ai gommoni fino all’arrivo dei soccorsi. «Nei venti giorni che sono stato a bordo non ne ho viste».

Tali smentite, tuttavia, si scontrano con le affermazioni di Zuccaro, magistrato conosciuto per il proprio rigore e storicamente poco avvezzo a spingersi in là con le dichiarazioni. «Sono dell’opinione che qualsiasi accertamento vada fatto – commenta la freelance romana -. Allo stesso tempo mi chiedo se il procuratore ha capito che genere di bomba ha lanciato in un momento in cui – conclude – nel Paese la questione migranti è strumentalizzata e i sentimenti xenofobi riprendono piede».


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