Disabili, parla la neo-assessora Mangano «Attenzione a quelli che vivono in povertà»

«Mi permetta di dire che un disabile ricco non è uguale a un disabile povero». Carmencita Mangano si è insediata da meno di un mese nella poltrona più scomoda della giunta regionale, quella lasciata vacante da Gianluca Micciché dopo il disastro legato all’assistenza ai disabili. Glissa, quando non ha ancora chiare le dinamiche legate ad argomenti specifici, ed è risoluta quando si tratta invece di questioni che ha già avuto modo di approfondire. Sugli errori commessi dall’amministrazione, ad esempio, non ha dubbi: «È mancata la comunicazione istituzionale». Ma la neoassessora pensa che la chiave debba essere l’attivazione delle unità di valutazione multidimensionale, «perché i disabili non sono tutti uguali e non si può trattare allo stesso modo chi dispone di risorse proprie e chi invece ha più bisogno di noi».

Che idea si è fatta, dopo le prime settimane di lavoro?
«Si è vissuta una grande frammentazione e disorganizzazione di tutti i soggetti detentori di interesse attorno al tema della disabilità. Quello che abbiamo intenzione di creare attraverso la Consulta della disabilità è un nuovo contenitore, con caratteristiche di flessibilità, con una modulazione di presenze, di esperti del settore, di riferimenti istituzionali per definire insieme i nuovi progetti individualizzati».

Al netto della spettacolarizzazione dell’intera vicenda, quali ritiene che siano stati gli errori commessi dall’amministrazione regionale?
«Il maggior errore credo sia stato il non parlarsi, perché ogni soggetto potrebbe anche offrire delle eccellenze. Ma una scarsa connessione e organizzazione a livello istituzionale a mio parere ha creato questa grande difficoltà a ridisegnare un progetto tutti insieme».

Insomma, si riparte dal dialogo. Anche – finalmente – con l’assessorato alla Salute.
«Questo è per me un elemento nodale, ovvero lavorare su un pensiero che sia d’integrazione, perché se non c’è un pensiero d’integrazione a monte in noi soggetti istituzionali, non ci può essere un progetto forte, a valle, offerto dalle istituzioni. In tal senso vivo questo incarico come la restituzione di una verità figlia di tutte le verità che ciascuno porterà, tutti saranno messi nelle condizioni di raccontarsi, in un gruppo che finalmente dialogherà con un obiettivo: la ricognizione delle competenze, il chi fa cosa, perché questa confusione nella comunicazione secondo me ha destato questo caos».

A proposito di chi fa cosa: le unità di valutazione multidimensionale (Uvmd) sembrano in parte essere state attivate. Come vi muoverete sul fronte dei piani individualizzati?
«I piani individualizzati partono necessariamente dal corretto funzionamento delle Uvmd, che devono essere delle equipe integrate, tanto di personale della Sanità, quanto di rappresentanti dei Comuni. Il senso dell’integrazione sociosanitaria scatta proprio in queste unità, che devono avere la capacità di fare una ricognizione e una valutazione della condizione socio-economica del soggetto, tenendo conto del fatto che i disabili non sono tutti uguali, tant’è che anche la destinazione di una spesa va contestualizzata e personalizzata. Perché mi permetta di dire che un disabile ricco non è uguale a un disabile povero».

Un altro argomento spinoso è quello connesso all’assistenza scolastica, passata di competenza all’assessorato alla Famiglia dopo la riforma delle ex Province.
«Quello è un argomento già affrontato con puntualità da chi c’è stato prima di me, c’è stata una grande azione portata avanti dal dipartimento nell’impegnare una spesa, al di là dell’esercizio provvisorio, per tutto l’anno. Una somma complessiva di 19,5 milioni di euro. L’obiettivo è proprio quello di garantire le linee d’intervento necessarie, dal trasporto fino all’assistenza igienico-sanitaria. Queste somme sono state destinate alle Città metropolitane che dovranno poi erogare questi servizi. A quel punto non dipende più da noi».


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