È morto Mimmo Trapani, l’ultimo partigiano messinese La tortura, l’amicizia con Pertini e l’avversione per Renzi

«Qui a Messina abbiamo una sezione dell’Anpi con circa 200 iscritti. Ci penseranno loro a tenere viva la memoria». Il 25 aprile di un anno fa Mimmo Trapani, l’ultimo partigiano messinese ad aver combattuto il nazifascismo, guardava senza ansia al dopo. A quando di testimoni diretti della Resistenza non ce ne sarebbero stati più. È morto oggi, a 93 anni, nella sua città. Amico di Sandro Pertini, partigiano socialista e a lungo presidente dell’Anpi provinciale. 

Era salito sul palco per l’ultima volta alla festa della Liberazione del 2015, affidando a MeridioNews il racconto di «una vita avventurosa». Arruolato nel battaglione San Marco, come guastatore, nel 1943, appena 20enne, a Paola, viene catturato dai tedeschi. Mentre viene condotto in treno verso la Germania, riesce a saltare giù. Inizia così la sua nuova vita nella Resistenza, periodo in cui la sua esperienza nel settore degli esplosivi risulta molto utile. A Milano viene però fotografato mentre fa volantinaggio anti fascista. «Dopo avermi arrestato – ricordava un anno fa – mi chiesero di fare i nomi dei miei capi. Ma non li conoscevo. Allora iniziarono con le botte. E poi con la tortura. Le domande me le faceva un tedesco ma a torturarmi era un italiano». 

Con lui, in prigionia, ha un compagno importante: Corrado Bonfantini, uno dei capi della Resistenza, comandante delle Brigate Matteotti. Durante l’azione per liberarlo, anche Trapani riesce a scappare e trova rifugio a casa dell’avvocato Vittorio Craxi, padre di Bettino. È qui che conosce Pertini. Un rapporto destinato a durare nel tempo. «Sono stato molto legato a lui – ha raccontato Trapani -. Quando venne a Messina a consegnare le medaglie al valore militare, da presidente della Repubblica, mi disse: “Quanto ti sei fatto vecchio…”». Tornato in libertà, il partigiano messinese contribuisce alla liberazione di Milano, il 25 aprile. 

Conclusa la guerra, torna in Sicilia dove al suo lavoro come apprezzato cuoco pasticcere, accompagna l’impegno politico, nonostante un grande sconforto per come è diventata l’Italia. «Sono distrutto – confessava prima di salire sul palco il 25 aprile del 2015 – abbiamo provato una forte delusione, soprattutto dopo l’arrivo del maggioritario. Matteo Renzi è peggio di Silvio Berlusconi perché ha più anni davanti a sé. È più pericoloso e distrugge la testa dei giovani».


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Aveva 93 anni ed era l'ultimo ad aver combattuto nella Resistenza. Catturato a Milano dai nazisti. «Mi chiesero di fare i nomi dei miei capi - ricordava un anno fa - Ma non li conoscevo. Allora iniziarono con le botte». Mai un passo indietro. Dell'attuale premier diceva: «Più pericoloso di Berlusconi, distrugge la testa dei giovani»

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