Alcamo, le frodi di Perricone nel settore formazione Corsi fantasma con la complicità di un funzionario

Operatore di punto vendita, acconciatore, produzione di pasticceria, fabbro. Sono soltanto alcune delle figure professionali che la cricca che ruotava attorno a Pasquale Perricone – l’ex vicesindaco di Alcamo arrestato ieri nell’operazione Dirty Affairs, con l’accusa di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta e truffa – prometteva di formare. Secondo la Procura però il vero obiettivo era frodare le amministrazioni pubbliche. 

Nelle carte dell’ordinanza che ha portato all’arresto di sette persone, è descritto l’ultimo capitolo dello sfruttamento del settore della formazione per finalità che nulla hanno a che vedere con la lotta alla disoccupazione, né tantomeno con lo sviluppo economico. Al centro delle vicende, due società: Promosud e Dafne Consulting. Realtà che, a dispetto degli organigrammi ufficiali, sarebbero riconducibili all’imprenditore alcamese. A dirlo è il gip Emanuele Cerosimo. «Perricone è il dominus di una serie di società che vengono utilizzate per commettere i reati, società – si legge nel documento – che venivano intestate a collaboratori e sodali, soggetti privi di autonomia decisionale e gestionali ma sempre pronti a ubbidire alle [sue] disposizioni». 

Uniche figure ad avere un ruolo gestionale negli affari delle società – andando oltre il ruolo di prestanome o, come scrive il giudice, «teste di legno» – erano la compagna di Perricone, Marianna Cottone, e la cugina Mary Perricone. Secondo i magistrati, l’esigenza di non comparire in prima persona deriva innanzitutto dal timore da parte dell’ex vicesindaco di Alcamo di poter essere destinatario di qualche misura di prevenzione. Paure non generiche, ma legate alla consapevolezza di essere stato più volte citato – a fine anni Novanta, ma anche nel 2014 – dal pentito Giuseppe Ferro, che lo ha definito «imprenditore a disposizione della famiglia mafiosa di Alcamo». Accostamento che, al netto di possibili approfondimenti da parte dell’autorità giudiziaria, gli avrebbe creato difficoltà a partecipare ai bandi pubblici in quanto le verifiche previste dalla legge «avrebbero sicuramente condotto al mancato rilascio della necessaria certificazione antimafia». 

Ciò, tuttavia, non avrebbe fatto desistere l’imprenditore – che è indagato anche per il fallimento della Nettuno soc. consortile, la società che avrebbe dovuto riqualificare il porto di Castellammare del Golfo – dal continuare a organizzare «corsi fantasma, esistenti solo sulla carta». Per farlo, Perricone poteva fare affidamento su un sistema ben oliato che comprendeva anche la disponibilità di Emanuele Asta, funzionario direttivo del centro per l’impiego di Alcamo. Asta in più di un’occasione avrebbe chiuso un occhio, pianificando le ispezioni e, quando necessario, dando dritte su come redigere i documenti in modo tale che venisse certificato quanto in realtà non si era mai svolto.

Il funzionario, dal canto suo, avrebbe fissato la moneta di scambio per questi favori: l’affidamento di incarichi alla moglie e alla nipote acquisita. Prezzo che il gruppo di Perricone avrebbe accettato di pagare, facendo quadrare i conti in un modo o nell’altro. Come quando nel luglio 2014, Cottone telefona ad Asta, in presenza della nipote. «Abbiamo un po’ di difficoltà, perché ho visto che ha un diploma di tecnico chimico-biologico – dice la compagna dell’ex vicesindaco -. Io non posso andare a chiedere come diploma il chimico di laboratorio se poi deve occuparsi di responsabili di acquisti». Problema a cui il funzionario trova una soluzione. «Si potrebbe fare con una autocertificazione che lei ti fa e ti dice che ha esperienza nel campo. Tu non chiedi un diploma specifico e quindi, essendo in possesso di un diploma di scuola superiore e di quell’autocertificazione, potrebbe venire lo stesso da voi». Ipotesi che Cottone promette di prende in considerazione. «Vediamo cosa riusciamo a fare…», risponde.


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