Messina, tentato stupro al centro d’accoglienza «Donne e bambini non dovrebbero stare là»

Stupro sfiorato nel centro di prima accoglienza del Palanebiolo di Messina. È successo ieri mattina, alle prime luci dell’alba. Autore del gesto sarebbe un ospite, Malik Kamara, 20enne originario del Gambia. La vittima, una 19enne eritrea giunta a Messina con lo sbarco dello scorso giovedì pomeriggio. A salvarla le sue stesse urla che hanno dato l’allarme, consentendo di allontanare l’aggressore. Un problema, quello della promiscuità, già sollevato su Meridionews grazie alla testimonianza di Clelia Marano, ex esperta del Comune e assistente sociale con esperienza nei Paesi africani.

Il ragazzo si sarebbe spacciato per un addetto alla sicurezza del campo, introducendosi nella stanza in cui era stata alloggiata la 19enne, sbarcata in riva allo Stretto lo scorso 3 settembre con altre 832 persone, tra eritrei e siriani. Al momento è l’unica donna ospite del Cpa. Lui le avrebbe chiesto esplicitamente di condividere un rapporto sessuale. Davanti al deciso rifiuto, avrebbe chiuso porta e finestre e l’avrebbe immobilizzata, sbattendola sul letto e tentando di stuprarla.

Le urla disperate della giovane, però, pare abbiano richiamato l’attenzione degli operatori del centro, che avrebbero notato il 20enne uscire di gran corsa dalla tenda. Giunti sul posto, dinanzi alla 19enne dolorante e in evidente stato confusionale, avrebbero invocato l’intervento della polizia di Stato. Gli immediati accertamenti degli agenti delle volanti hanno consentito di ricostruire l’accaduto. Il giovane è stato arrestato per tentata violenza sessuale. La ragazza è stata accompagnata in ospedale. La prognosi è di cinque giorni. È ancora sotto shock ma sta bene.

Una situazione spinosa quella dell’accoglienza dei migranti, a Messina come in altre parti d’Italia. Le inchieste sul Cara di Mineo e quella di Mafia Capitale ne sono prova. Nel capoluogo peloritano si è dibattuto spesso sul ruolo del Comune, che ha sempre ritenuto di non detenere certe competenze. Questa e altre le ragioni che hanno indotto Marano a dimettersi da esperta dopo aver denunciato anche i rischi derivanti dalla promiscuità. «Bambini e donne sono categorie protette, vulnerabili, e in quanto tali soggette a violenze, anche sessuali. Non devono stare là – aveva denunciato con riferimento ai Cpa –; la competenza, come prevede l’articolo 403 del codice civile, spetta alla pubblica autorità, al Comune. Lo dice tutta la normativa vigente, dalla convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, del 1989, recepita in Italia con la legge 176/91, al Testo unico sull’immigrazione e alla Costituzione».

Tra gli altri riferimenti normativi, proprio sulle categorie vulnerabili, va annoverata, a supporto delle recriminazione dell’assistente sociale, «la circolare 1833 del ministero dell’Interno, risalente al primo marzo 2013». Da notare che, il 2 settembre, il prefetto di Messina ha sollecitato ancora una volta il Comune «a provvedere alla sistemazione dei minori stranieri non accompagnati, attualmente ospitati nel centro Ahmed. Infatti – fa rilevare il referente di palazzo del Governo – in occasione dello sbarco di 683 migranti nel porto di Messina dello scorso 29 agosto, sono giunti altri 45 minori dei quali è stata disposta la collocazione nel centro suddetto che, pertanto, è in atto occupato oltre la capienza massima di 224 posti. Quanto sopra – conclude Stefano Trotta – rende assolutamente indifferibile un parziale svuotamento della struttura. Pertanto il sindaco è stato invitato ad utilizzare i posti che, in occasione delle operazioni di sbarco del giorno 29, erano stati dichiarati disponibili, per le vie brevi, dall’assessore alle Politiche sociali».


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