Messina e il nuovo piano regolatore portuale Obiettivo: far convivere cantieri e attività culturali

Il nuovo piano regolatore portuale di Messina verrà incontro al diritto della comunità a riappropriarsi degli spazi cittadini, a partire dalla zona falcata, dove dovranno convivere cantieristica e attività ludiche e culturali. Ma perché veda la luce, sebbene ultimato nel 2008, potrebbe passare un altro anno. La conferma arriva da Francesco Di Sarcina, segretario generale dell’Autorità portuale: «Aspettiamo la convocazione dell’assessorato regionale al Territorio e Ambiente. Occorre redigere la Vas (valutazione ambientale strategica) che, tuttavia, ha delle particolarità. Per cui, dovremmo concordare una strategia con l’assessore Maurizio Croce e poi redigere i relativi documenti. Successivamente, avremo la valutazione ambientale strategica. Potrebbe passare ancora un anno prima di ottenerla».

L’iter, avviato sette anni fa, dopo una partenza veloce ha subito degli intoppi a causa del contenzioso con l’ente porto. Da quel momento, le cose sono andate a rilento: «Confidavamo in una maggiore assistenza da parte dell’assessorato – rivela l’ingegnere – tuttavia, il Prp, secondo me, è necessario solo parzialmente. Il porto di Tremestieri è a posto grazie all’ordinanza di protezione civile per l’emergenza traffico, le rettifiche delle banchine dentro il porto si possono fare anche senza, sebbene in tempi più lunghi, e la l’area della Fiera è regolamentata nel Prg della città».

Il documento resta strategico proprio per la zona falcata, come illustrato dal segretario dell’Ap nel corso dell’Expo, nei giorni scorsi. Premesso che il porto di Tremestieri fuori dal centro consente di progettare insieme sia la parte portuale che i collegamenti viari, sono di tre tipi gli obiettivi che hanno ispirato il nuovo Prp: la razionalizzazione degli spazi esistenti nel porto storico, evitando frammentazioni, duplicazioni di funzioni e sprechi; il miglioramento dell’offerta portuale, grazie al nuovo scalo a Sud, con nuove infrastrutture, senza sottrarre spazi alla città; il recupero delle aree non strettamente necessarie all’attività portuale, destinandole a uso pubblico, quindi alla città.

«Spesso i porti storici – ammette il dirigente – hanno spazi non più necessari all’attività portuale. Sebbene appaia strano detto da noi, occorre intervenire a gamba tesa per restituirli alla città. Nel piano regolatore abbiamo cercato di spogliarci della nostra identità e di coniugare le due esigenze». Oggi, il porto storico di Messina, ricadente nell’area della Falce, si trova di fronte alla possibilità di diversificare le proprie funzioni. Nell’area coesistono ben tre regimi normativi: uno urbanistico, uno industriale e uno architettonico: «Oltre al punto franco che dagli anni ’50 non ha mai preso il via ma che si sovrappone a sua volta, complicando il lavoro del pianificatore».

Il nuovo Prp individua nella via San Raineri uno spartiacque, «con la parte interna del porto contenente le aree delle Ferrovie dello Stato, quelle dedicate al terminal ro-ro, la cantieristica e i bacini di carenaggio estesi alla zona militare così da creare un unicum almeno sotto il profilo della pianificazione». Il tutto separato dal resto, «immaginando un futuro diverso che passi per una considerazione di fondo: i territori, per essere riconquistati dalla gente, devono vivere continuamente, devono stare in un equilibrio per il quale non ci siano momenti di sotto utilizzo che è la porta del degrado. Abbiamo immaginato il recupero delle vecchie fortezze e delle vestigia architettoniche e storiche, ma anche delle nuove funzioni pubbliche che riportino il baricentro della città in quest’area, sotto l’aspetto culturale e ludico. La chiave di volta sarà riportare questo equilibrio in dei piani particolareggiati».


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L'iter è iniziato sette anni fa. Ma dopo l'avvio veloce, è sorto il contenzioso con l'ente porto e per il completamento potrebbe passare un altro anno. «Abbiamo immaginato il recupero delle vecchie fortezze e delle vestigia architettoniche e storiche, i territori, per essere riconquistati dalla gente, devono vivere continuamente, il sotto utilizzo è la porta del degrado», spiega Francesco Di Sarcina, segretario generale dell’Autorità portuale

L'iter è iniziato sette anni fa. Ma dopo l'avvio veloce, è sorto il contenzioso con l'ente porto e per il completamento potrebbe passare un altro anno. «Abbiamo immaginato il recupero delle vecchie fortezze e delle vestigia architettoniche e storiche, i territori, per essere riconquistati dalla gente, devono vivere continuamente, il sotto utilizzo è la porta del degrado», spiega Francesco Di Sarcina, segretario generale dell’Autorità portuale

L'iter è iniziato sette anni fa. Ma dopo l'avvio veloce, è sorto il contenzioso con l'ente porto e per il completamento potrebbe passare un altro anno. «Abbiamo immaginato il recupero delle vecchie fortezze e delle vestigia architettoniche e storiche, i territori, per essere riconquistati dalla gente, devono vivere continuamente, il sotto utilizzo è la porta del degrado», spiega Francesco Di Sarcina, segretario generale dell’Autorità portuale

L'iter è iniziato sette anni fa. Ma dopo l'avvio veloce, è sorto il contenzioso con l'ente porto e per il completamento potrebbe passare un altro anno. «Abbiamo immaginato il recupero delle vecchie fortezze e delle vestigia architettoniche e storiche, i territori, per essere riconquistati dalla gente, devono vivere continuamente, il sotto utilizzo è la porta del degrado», spiega Francesco Di Sarcina, segretario generale dell’Autorità portuale

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